1. Che cos’è il THC?
Il delta-9-tetraidrocannabinolo (Δ-9-THC, o più semplicemente THC) è il principale cannabinoide identificato nella pianta di Cannabis Sativa L e quello maggiormente responsabile dei suoi effetti psicotropi. Fu isolato e caratterizzato nel 1964 dallo scienziato israeliano Raphael Mechoulam e ciò diede il via a tutta una serie di studi che hanno portato all’identificazione delle proprietà della cannabis e dei cannabinoidi e alla scoperta del Sistema Endocannabinoide.
Può dar luogo a diversi isomeri (sostanze con la stessa formula chimica ma una differente disposizione spaziale degli atomi), alcuni dei quali presenti naturalmente nella pianta di cannabis. [1]
Il più noto di tutti -e quello al quale comunemente ci si riferisce con il termine “THC”- è l’isomero (−)-trans-Δ9-tetraidrocannabinolo, prodotto anche per via sintetica e noto con il nome farmacologico di dronabinol. Mentre il dronabinol e il THC sono la stessa molecola, esistono vari derivati semi-sintetici di quest’ultimo, ottenuto modificando la struttura di partenza. Il più noto di questi è il nabilone, primo cannabinoide ad essere stato autorizzato a scopo terapeutico dalla food and drug administration (FDA). Anche il cannabidiolo (CBD) è un isomero del THC, ma con un’attività farmacologica completamente diversa.
Il THC nella pianta di cannabis è prodotto sotto forma di THC acido (THCA) il quale, per successiva decarbossilazione (indotta principalmente dal calore) viene trasformato in THC. Dalla pianta di cannabis si può ricavare una quantità di THC mediamente compresa tra lo 0,5-5% e il 25-30%, a seconda della varietà.
Nelle farmacie italiane, le varietà di Cannabis Terapeutica ad alto contenuto di THC sono:
- Bedrocan (22%),
- Billy Buttons (17-19%).
Quelle a contenuto medio sono:
- Bedrobinol (13.5%),
- Bedica (14%),
- FM1 (13-20%).
In farmacia sono disponibili anche estratti a contenuto variabile di THC, oltre al Sativex®, uno spray contenente 2,7 mg di THC e 2,5 mg di CBD ogni 100 μL.
2. Farmacologia del THC
La molecola del THC interagisce con vari bersagli molecolari presenti nel nostro organismo, come ad esempio: [2] [3]
- Recettori CB1: si lega principalmente ai recettori CB1, che si trovano soprattutto nel cervello e nel sistema nervoso centrale, oltre che in vari organi periferici. Su questi recettori il THC agisce da agonista parziale. L’attivazione dei recettori CB1 produce effetti psicoattivi e influenza vari processi fisiologici.
- Recettori CB2: Nonostante abbia una minore affinità per i recettori CB2 rispetto ai recettori CB1, è un agonista parziale anche dei recettori CB2, che si trovano principalmente nel sistema immunitario e nei tessuti periferici. L’attivazione dei recettori CB2 modula le risposte immunitarie e i processi infiammatori.
- Recettori-canale che determinano variazioni transitorie di potenziale (TRP): I recettori TRP sono un gruppo di proteine di membrana coinvolte nella trasduzione di una pletora di stimoli chimici e fisici. Questi canali modulano l’ingresso degli ioni, mediando una serie di processi di segnalazione neurale implicati nella sensazione di temperatura, pressione e pH, oltre che nell’olfatto, nel gusto, nella visione e nella percezione del dolore. Il THC agisce molto sul TRPV2, modula moderatamente il TRPV3, il TRPV4, il TRPA1 e il TRPM8 e agisce poco o niente sul TRPV1. [4]
- Recettore GPR55 (recettore accoppiato alla proteina G): è un agonista parziale dei recettori GPR55, che sono coinvolti in vari processi fisiologici, inclusa la modulazione del dolore, dell’infiammazione e della densità ossea.
- Recettori PPARs (Recettori attivati dal proliferatore dei perossisomi): è un agonista parziale dei recettori PPAR, in particolare il recettore PPARγ. Il recettore PPARγ svolge un ruolo nella regolazione dell’espressione genica, dell’infiammazione e dei processi metabolici.
- Recettori 5-HT: può interagire con diversi sottotipi di recettori della serotonina, in particolare i recettori 5-HT1A e 5-HT2A. Questi recettori sono coinvolti nella regolazione dell’umore, della cognizione e della percezione. La sua interazione con i recettori 5-HT può essere considerata un agonismo parziale.
- Recettori D2 (Dopamina): può modulare il rilascio di dopamina interagendo con i recettori D2 come agonista parziale. La dopamina è un neurotrasmettitore associato al sistema di ricompensa, alla motivazione e al piacere.
- Recettori dell’adenosina: è agonista parziale anche dei recettori dell’adenosina, in particolare ai recettori A2A. L’attivazione di questi recettori può modulare il rilascio dei neurotrasmettitori e influenzare vari processi fisiologici, inclusi i cicli sonno-veglia e l’infiammazione.
- Enzima FAAH (Fatty Acid Amide Hydrolase): inibisce l’attività di FAAH, un enzima responsabile della degradazione degli endocannabinoidi nel corpo. L’inibizione di FAAH porta ad un aumento dei livelli di endocannabinoidi come l’anandamide, il che può contribuire ulteriormente agli effetti del THC.
Sebbene le interazioni del THC con il GPR55, i PPAR, i recettori della serotonina, i recettori della dopamina, i recettori dell’adenosina e la FAAH siano state studiate e dimostrate in alcune ricerche, è importante notare che la portata e il significato di queste interazioni possono essere ancora oggetto di ulteriori indagini e dibattiti scientifici.
La comprensione scientifica delle complesse interazioni tra il THC e i vari recettori ed enzimi è in continua evoluzione e le ricerche in corso mirano a scoprire la portata di queste interazioni e le loro implicazioni.
2.1 Proprietà farmacocinetiche del THC
Il THC, come tutti i cannabinoidi, è una molecola molto lipofila e ciò ne influenza il metabolismo nel nostro organismo. [5] Viene assorbito quasi completamente dopo l’assunzione orale, ma solo una parte (10-20%) raggiunge la circolazione sistemica a causa del metabolismo epatico di primo passaggio.
L’assorbimento per via inalatoria è più rapido ed efficiente. Quando questa molecola viene inalata attraverso il fumo di cannabis o l’uso di vaporizzatori, raggiunge direttamente i polmoni, dove viene rapidamente assorbita dai capillari polmonari nel flusso sanguigno. Questo meccanismo permette al THC di evitare il metabolismo di primo passaggio nel fegato, consentendo una maggiore quantità di sostanza attiva a raggiungere la circolazione sistemica. Anche se molto variabile, si stima che l’assorbimento per via inalatoria sia compreso tra il 20% e il 30%.
Dopo essere stato assorbito, si distribuisce ampiamente nel corpo, con un volume apparente di distribuzione elevato.
Il tetraidrocannabinolo viene metabolizzato principalmente nel fegato attraverso il citocromo P450. Il principale metabolita attivo è l’11-idrossi-delta-9-tetraidrocannabinolo (11-OH-THC), che produce effetti simili al THC. Successivamente, l’11-OH-THC viene metabolizzato in un metabolita inattivo chiamato THC-COOH. Il THC e i suoi metaboliti vengono eliminati principalmente attraverso l’urina e le feci. L’emivita di eliminazione del THC è di circa 4 ore, ma può persistere nel corpo per un lungo periodo di tempo, con tracce che possono essere rilevate anche dopo diverse giornate.
2.2 Proprietà farmacogenetiche del THC
Le proprietà farmacogenetiche del THC si riferiscono alla variazione individuale nella risposta al farmaco dovuta a differenze genetiche. Alcuni geni coinvolti nel metabolismo e nell’attività del THC possono influenzare la sua efficacia, la suscettibilità agli effetti collaterali, la clearance dal corpo e l’interazione con altri farmaci. Alcune delle principali proprietà farmacogenetiche del THC includono: [6]
- Genotipo del citocromo P450 2C9 (CYP2C9): il CYP2C9 è un enzima coinvolto nel metabolismo del THC. Varianti genetiche di questo gene possono influenzare la sua velocità di metabolismo, che a sua volta può influenzare la risposta individuale al farmaco e l’interazione con altri farmaci metabolizzati dallo stesso enzima.
- Genotipo del citocromo P450 3A4 (CYP3A4): il CYP3A4 è un altro enzima coinvolto nel suo metabolismo. Varianti genetiche di questo gene possono influenzare la velocità di metabolismo del THC e quindi la sua clearance dal corpo e la sua interazione con altri farmaci.
- Genotipo del PPAR-γ: può legarsi e attivare i recettori PPAR-γ. Le varianti genetiche di PPAR-γ possono influenzare la risposta agli effetti del THC e la suscettibilità a determinate condizioni mediche associate all’uso di cannabinoidi.
- Genotipo dei recettori cannabinoidi CB1 e CB2: Le varianti genetiche dei recettori cannabinoidi CB1 e CB2 possono influenzare la risposta individuale agli effetti del THC e la suscettibilità agli effetti collaterali.
- Genotipo del gene FAAH: Varianti genetiche di FAAH possono influenzare la degradazione del THC e potenzialmente influenzare la sua efficacia e durata degli effetti.
Le proprietà farmacogenetiche del THC sono ancora oggetto di ricerca e che l’interazione tra genetica e risposta al THC può essere complessa e influenzata da molti altri fattori ambientali e individuali.
3. Principali effetti indotti dal THC
IL THC, interagendo con i propri bersagli molecolari sia a livello centrale che periferico, induce numerosi effetti sul nostro organismo. Gli effetti del THC sono molto soggettivi, possono variare da persona a persona e dipendono da diversi fattori, tra cui la dose, la via di somministrazione, la tolleranza individuale e l’ambiente in cui viene consumato. Questo è uno dei motivi per cui, quando si parla di Cannabis Terapeutica, si parla di medicina personalizzata, che per raggiungere il massimo di efficacia deve essere “cucita addosso” al paziente.
I principali effetti del THC sono: [5] [7]
- Effetti psicoattivi: è in grado di influenzare l’attività mentale, l’umore, la percezione, la cognizione, le emozioni e la coscienza di un individuo. Al di là delle differenze soggettive, induce un senso di benessere, che è il motivo principale per cui la cannabis è ricercata per uso ricreativo.
- Euforia e rilassamento: può indurre un senso di euforia, relax e piacere, spesso descritto come “high” o “stoned”. Questi effetti variano molto da soggetto a soggetto e sono influenzati anche dallo stato mentale e dall’ambiente circostante, con prevalenza di euforia in alcuni e rilassamento in altri.
- Alterazioni cognitive: può influenzare la memoria, l’attenzione, il pensiero e il tempo di reazione. Il THC modifica anche la percezione del tempo, che appare dilatato. Può anche influire sulla capacità di concentrazione e sulle funzioni cognitive complesse.
- Effetti sul sistema nervoso centrale: agisce sul sistema nervoso centrale, provocando effetti sedativi, riduzione dell’ansia e analgesia (riduzione del dolore). Il THC influenza anche la coordinazione motoria e l’equilibrio.
- Aumento dell’appetito: Comunemente noto come “fame chimica”, può stimolare l’appetito, aumentando il desiderio di cibo e il piacere che si prova assumendo cibo.
- Effetti sul sistema cardiovascolare: può causare un aumento della frequenza cardiaca e una dilatazione dei vasi sanguigni, che può portare a una diminuzione della pressione sanguigna.
- Effetti sul sistema immunitario: influenza il sistema immunitario, sia aumentando che sopprimendo la risposta immunitaria, ma gli effetti specifici non sono ancora completamente compresi.
- Effetti sul sonno: può influenzare il sonno, inducendo sonnolenza e alterando i cicli di sonno. Può ridurre la quantità di sonno REM.
- Effetti anti-emetici: ha la capacità di ridurre o prevenire il vomito e le sensazioni di nausea.
- Effetti sugli occhi: Il THC può causare occhi rossi e secchi, poiché riduce temporaneamente la pressione intraoculare e causa vasodilatazione.
- Disturbi psicotici: In alcune persone predisposte, l’uso di THC può aumentare il rischio di sviluppare sintomi psicotici, come allucinazioni, deliri e paranoia. Questo effetto è osservato principalmente negli adolescenti e tende a scomparire con l’età adulta.
Quando il THC viene assunto a scopo terapeutico per trattare una determinata condizione, alcuni di questi effetti sono considerati effetti collaterali. Spesso quelli che sono considerati effetti secondari in terapia, sono gli effetti ricercati ad uso ricreativo. Un esempio può essere dato dagli effetti psicotropi.
4. Uso terapeutico del THC
Per quanto riguarda l’uso teraupetico, il THC agisce su una pletora di recettori ed enzimi espressi in innumerevoli cellule, localizzate praticamente ovunque nel nostro organismo. Da qui la sua efficacia, dimostrata in maniera più o meno definitiva, in un gran numero di condizioni patologiche e disturbi, quali:
- dolore cronico, inclusi disturbi muscoloscheletrici, neuropatici e infiammatori;
- nausea e vomito, soprattutto se associati alla chemioterapia;
- perdita di appetito e cachessia, soprattutto nell’HIV/AIDS;
- spasticità muscolare associata alla sclerosi multipla o ad altre condizioni neurologiche;
- sindrome di Tourette, caratterizzata da tic involontari;
- glaucoma, una condizione oculare caratterizzata da un aumento della pressione intraoculare;
- fibromialgia, una condizione che causa dolore muscolare diffuso e affaticamento;
- epilessia e convulsioni, specialmente forme di epilessia refrattaria;
- disturbi del sonno, come l’insonnia;
- disturbi dell’umore, come l’ansia e la depressione (con effetti contrastanti in quest’ultimo caso);
- disturbi dell’apprendimento e del deficit di attenzione;
- disturbi del controllo motorio, come la malattia di Parkinson;
- artrite reumatoide, una malattia infiammatoria delle articolazioni;
- morbo di Crohn, una malattia infiammatoria cronica dell’intestino;
- sindrome dell’intestino irritabile (IBS), una condizione che causa disturbi digestivi;
- disturbo da stress post-traumatico (PTSD), una condizione di ansia cronica causata da eventi traumatici;
- malattia di Alzheimer, una forma di demenza progressiva;
- autismo, un disturbo dello spettro autistico;
- sindromi da astinenza nelle dipendenze da sostanze;
- cancro (glioma, glioblastoma, adenocarcinoma, ecc..), grazie all’attività anti-proliferativa del THC, soprattutto in vitro ed in esperimenti su animali.
5. Come assumere il THC?
Le modalità di assunzione del THC a scopo terapeutico dipendono dalle preferenze del paziente, dalla patologia trattata e dalle indicazioni del medico:
- Somministrazione orale: esistono capsule al THC, compresse, gocce o alimenti contenenti estratti di cannabis. In questa forma, la molecola viene metabolizzata dal fegato prima di entrare nella circolazione sistemica. L’effetto può richiedere più tempo per manifestarsi, ma può durare più a lungo rispetto ad altre modalità di assunzione.
- Somministrazione orale sub-linguale: può essere assorbito rapidamente attraverso le membrane sotto la lingua mediante l’uso di estratti o tinture di cannabis, somministrate sotto forma di gocce. Questa modalità consente alla molecola di THC di entrare direttamente nella circolazione sanguigna senza dover passare attraverso il sistema digestivo.
- Inalazione: può essere inalato attraverso la vaporizzazione dei fiori o dei concentrati di cannabis, mediante appositi dispositivi. L’inalazione consente al THC di raggiungere rapidamente i polmoni e poi essere assorbito nella circolazione sanguigna, producendo un effetto più rapido rispetto alla somministrazione orale.
- Applicazione topica: Per alcuni scopi terapeutici, come il trattamento del dolore localizzato o di affezioni cutanee, può essere utilizzato sotto forma di creme, unguenti o oli da applicare direttamente sulla pelle. In questa modalità, il THC agisce localmente senza entrare nella circolazione sistemica, riducendo così gli effetti psicotropi generalizzati.
6. Conclusioni
Gli effetti della cannabis sono noti da migliaia di anni e molti di questi dipendono dalla presenza del THC, molecola ad azione psicotropa e principale membro della famiglia dei fitocannabinoidi. Dal 1964, da quando gli scienziati Raphael Mechoulam, Yechiel Gaoni, e Habib Edery dell’istituto Weizmann, in Israele, la isolarono e caratterizzarono la prima volta, questa molecola è diventata via via sempre più “famosa”, in campo scientifico e non solo. È proprio grazie a questi studi, infatti, che decenni dopo si è arrivati alla scoperta del Sistema Endocannabinoide, un sistema presente in tutti gli animali ad esclusione degli insetti e che regola la cosiddetta “omeostasi” dell’organismo.
Attualmente, Il THC è noto per i suoi effetti psicoattivi e per la capacità di alterare la coscienza, ma ha anche dimostrato un potenziale terapeutico in diverse patologie. È stato utilizzato con successo per alleviare sintomi come:
- dolore cronico,
- spasmi muscolari nella sclerosi multipla,
- nausea e vomito causati dalla chemioterapia,
- perdita di appetito nell’HIV/AIDS.
Inoltre, è stato oggetto di studio per il trattamento di disturbi dell’umore, disturbi del sonno e disturbi neurologici. L’elenco delle condizioni in cui è considerato efficace è molto lungo, soprattutto rispetto alla maggior parte dei farmaci e delle sostanze medicamentose presenti sul mercato. Ciò non di meno, il THC e la cannabis in cui esso è contenuto- non possono e non devono essere considerati la panacea per tutti i mali, anche perché per alcune condizioni i dati non sono definitivi. Inoltre, come la cannabis terapeutica, anche il THC è un farmaco e deve essere maneggiato con cautela.
Infatti l’uso terapeutico del THC richiede una valutazione individuale caso per caso e una supervisione medica adeguata. Sono possibili infatti degli effetti collaterali derivanti dal suo utilizzo, i quali, sebbene generalmente ben tollerati, possono includere sedazione, alterazioni cognitive, secchezza delle fauci e ansia.
Questa molecola rappresenta un’interessante area di ricerca nel campo della medicina, offrendo potenziali vantaggi per un’ampia gamma di patologie. La ricerca sui suoi benefici terapeutici continua a progredire e si cerca di comprendere meglio i suoi meccanismi d’azione e le sue possibili applicazioni. Studi clinici controllati e approfonditi sono fondamentali per fornire evidenze scientifiche solide e guidarne l’uso responsabile a fini terapeutici. Nonostante qualche tassello ancora mancante, il THC e la Cannabis Terapeutica offrono già attualmente un beneficio e un sollievo dalla loro condizione per molti pazienti.
Referenze
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