Non solo traumi infantili o veterani di guerra in America e in Israele. Il Mar Mediterraneo sta diventando un vero e proprio incubatore di persone che soffrono o soffriranno di stress post-traumatico. Ecco come anche l’Europa potrebbe usare una pianta per evitare il proliferare di tensione e violenza.
Indice
- 1. Che cos’è lo Stress da Disturbo Post-Traumatico (PTSD)?
- 2. Non solo un problema di chi migra ma anche per chi soccorre e ospita
- 3. Quali sono i sintomi del PTSD?
- 4. Come la Cannabis può aiutare?
- 5. Conclusione
- 6. Referenze
1. Che cos’è il PTSD?
Dall’inglese, il Post Traumatic Stress Disorder (PTSD) è una condizione patologica risultante dall’esposizione ad un evento traumatico che evoca paura, perdita di speranza e orrore.
In particolare modo la prevalenza del PTSD risulta maggiore a seguito di traumi causati dall’uomo anziché da disastri naturali (ad esempio guerre, incidenti stradali e molestie generano con maggiore frequenza i sintomi del PTSD rispetto a terremoti o inondazioni).
Spesso proprio questo tipo di traumi “umani” sono caratteristiche che accumunano la gran parte degli esodi dei migranti: sopravvivere a violenze, fughe, condizioni disumane nei centri di detenzione e sulle imbarcazioni e dover assistere e subire lo stupro della propria moglie, figlia o madre.
2. Non solo un problema di chi migra ma anche per chi soccorre e ospita
I dati sul PTSD indicano che nel primo anno a seguito di eventi traumatici la diversa esposizione al trauma porti ad una probabilità di soffrire di stress post traumatico non solo per i diretti interessati, ma anche per il tessuto sociale circostante.
La Dottoressa Anna Crepet, di Medici Senza Frontiere (MSF) testimonia al giornale inglese “The Independent” che aiutare le migliaia tra uomini, donne e bambini sulle coste italiane le ricorda “lavorare in zone di guerra”.
Contraggono i sintomi del PTSD circa il 30-40% delle vittime direttamente coinvolte, il 10-20% dei lavoratori che effettuano i salvataggi e lavorano quotidianamente in centri di riabilitazione e soccorso, e il 5-10% della popolazione in generale con il quale le persone traumatizzate si interfacciano. [1]Galea, S Nandi, A Vlahov, D. (2005).
The Epidemiology of Post-Traumatic Stress Disorder after Disasters.
Epidemiologic Reviews. 27 (1), 78-91.
Queste percentuali sono una semplificazione, con parecchi studi che dimostrano come la prevalenza del PTSD possa essere sostanzialmente più alta o bassa in base a gruppi di osservazione in particolare.
A seguito di un trauma, la prevalenza maggiore di PTSD risulta nelle donne. [2]Galea, S Nandi, A Vlahov, D. (2005).
The Epidemiology of Post-Traumatic Stress Disorder after Disasters.
Epidemiologic Reviews. 27 (1), 78-91. Questo a prescindere dal fatto che, come racconta la Dottoressa Anna Crepet:
Praticamente tutte le donne che riescono a sopravvivere al viaggio dalle loro case in Africa o Medio Oriente sono state violentate, spesso arrivando incinte di parecchi mesi
Un altro importante fattore di rischio, come determinato in diversi studi, è lo scarso supporto sociale. Spesso una volta giunti in Europa la gran parte di migranti (e di chi li soccorre) deve affrontare un abbandono politico-sociale che li pone a grave rischio di sviluppare questa patologia psichiatrica.
Se pur non ci siano delle statistiche reali sul numero di PTSD causati dai fenomeni migratori, a livello medico-sanitario questo è sicuramente un grosso problema in atto per il quale non prendere delle iniziative potrebbe ulteriormente degenerare una diffusa cultura di paura, violenza e diffidenza.
3. Quali sono i sintomi del PTSD?
Il PTSD si manifesta come una combinazione di 3 tipi di sintomi:
- Iperamnesia o aumento della memoria del trauma stressante, che porta chi soffre di PTSD a ritornare ad avere un’esperienza dell’evento passato tramite dei segnali (odori, suoni etc), incubi o flashback
- Iper-eccitazione, shock repentino o risposta di trasalimento, irritabilità e paura esagerata o ansia abnormale nell’identificare minacce
- Comportamento elusivo di qualsiasi cosa che possa essere associata al trauma [3]Kessler RC, Berglund P, Demler O, Jin R, Merikangas KR, Walters EE Arch Gen Psychiatry. “Lifetime prevalence and age-of-onset distributions of DSM-IV disorders in the National Comorbidity Survey … Continue reading
4. Come la Cannabis può aiutare?
Varie ricerche suggeriscono che i pazienti con PTSD potrebbero risultare sensibili alla riduzione di tensione indotta dalla Cannabis Medicinale. [4]Potter CM, Vujanovic AA, Marshal-Berenz EC, Bernstein A, Bonn-Miller MO (2011). Posttraumatic stress and marijuana use coping motives: the mediating role of distress tolerance. Journal of Anxiety … Continue reading
Evidenze aneddotiche già dimostrano come i veterani di guerra in USA utilizzino questa pianta anche tramite auto-somministrazione per trovare sollievo dai sintomi del PTSD. [5]Bonn-Miller, M.O., Vujanovic, A.A., and Drescher, K.D. (2011). Cannabis use amongst military veterans after residential treatment for post-traumatic stress disorder. Psychology of addictive … Continue reading
Consistente con questa ipotesi uno studio del 2009 condotto con pazienti sofferenti di stress post traumatico ha evidenziato che il 72% dei partecipanti trovava totale sollievo dai flashback diurni e riusciva a ridurre la frequenza di incubi, quando trattati con il Nabilone, un cannabinoide sintetico che agisce in maniera simile al Tetraidrocannabinolo (THC) ed è usato in pratica medica per i suoi effetti anti-emetici ed analgesici. [6]Fraser, G.A. (2009).
The use of a synthetic cannabinoid in the management of treatmentresistant nightmares in posttraumatic stress disorder (PTSD).
CNS Neuroscience & Therapeutics,15, 84-88.
Una revisione sistematica della letteratura scientifica effettuata nel 2012, ha confrontato gli studi clinici e neurobiologici esistenti sull’argomento, confermando i benefici della Cannabis nel ridurre la severità dei sintomi e migliorare la qualità del sonno e dell’umore. [7]Passie T., Emrich, H.M., Karst, M., Brandt, S.D., and Halpern, J.H. (2012) Mitigation of posttraumatic stress symptoms by Cannabis resin: a review of the clinical and neurobiological evidence. Drug … Continue reading
I risultati ottenuti in clinica sono coerenti con gli studi sugli animali: per entrambi è stato dimostrato che la regolazione della risposta dei recettori cannabinoidi è collegata direttamente all’estinzione delle risposte di paura a seguito di esperienze traumatiche.
Per esempio, l‘attivazione di recettori CB1 induce l’eliminazione di ricordi legati alla paura, mentre invece un’inibizione del recettore CB1 (per esempio, tramite blocco del recettore con un antagonista) previene questa capacità di eliminare i comportamenti indotti dalla paura. [8]Lutz, B. (2007).
The endocannabinoid system and extinction learning.
Molecular Neurobiology, 36, 92-101. ; [9]Marsicano, G., Wotjak, C.T., Azad, S.C., et al. (2002)
The endogenous cannabinoid system controls extinction of aversive memories.
Nature, 418, 530-534. ; [10]Lin, H.C., Mao, S.C., Su, C.L. and Gean, P.W. (2009)
The role of prefrontal cortex CB1 receptors in the modulation of fear memory.
Cerebral Cortex, 19, 165-175. ; [11]Pamplona, F.A., Bitencourt, R.M., and Takahashi, R.N. (2008).
Short- and long-term effects of cannabinoids on the extinction of contextual fear memory in rats.
Neurobiology of Learning and Memory, … Continue reading
Questo significa che per il PTSD è consigliabile utilizzare preparati a base di cannabinoidi che possano attivare i recettori CB1, come ad esempio quelli contenenti THC.
C’è però da ricordare che seppure il THC a bassi dosaggi abbia dimostrato consistentemente di ridurre l’ansia, questa molecola utilizzata ad alti dosaggi, o somministrata in condizioni ambientali stressanti o repressive, produce effetti ansiogenici sia negli umani che negli animali. [12]Hill, M.N. and Gorzalka, B.B. (2004).
Enhancement of anxiety-like responsiveness to the cannabinoid CB(1) receptor agonist HU-210 following chronic stress.
European Journal of Pharmacology, 499, … Continue reading ; [13]Karschener, E.L. Darwin, W.D. McMahon, R.P. et al. (2011).
Subjective and physiological effects after controlled Sativex and oral THC administration.
Clinical Pharmacology & Therapeutics 89, … Continue reading
Per questo è suggeribile l’assunzione dell’intero fitocomplesso di Cannabis contenente anche Cannabidiolo (CBD), un cannabinoide che non attiva i recettori classici cannabinoidi ed è considerato un agente anti-psicotico. Parecchi studi umani ed animali hanno dimostrato che il CBD riduce l’ansia e gli scienziati hanno suggerito che ciò probabilmente avviene tramite la manipolazione dei recettori serotoninergici 1A (5HT-1A) nel cervello. [14]Bergamaschi, M.M. Queiroz, R.H., Chagas, M.H. et al. (2011). Cannabidiol reduces the anxiety induced by simulated public speaking in treatment-naive social phobia patients. Neuropsychopharmacology, … Continue reading ; [15]Gomes, F.V. Resstel, L.B. and Guimares, F.S. (2011). The anxiolytic-like effects of cannabidiol injected into the bed nucleus of the stria terminalis are mediated by 5-HT1A … Continue reading
2 Comments
Buonasera,
ho una figlia 16enne plusdotata con QI 159 e problemi di autolesionismo ed insonnia a causa del sovreccitamento cerebrale. Nessun risultato con la psicoterapia, pensate che la cannabis medica possa aiutare?
Grazie mille
Barbara
Salve Barbara,
Purtroppo è impossibile averne certezza senza una anamnesi più accurata. Sicuramente la cannabis medica si rivela efficace nei disturbi del sonno. I cannabinoidi (siano essi della pianta o endogeni, prodotti dal nostro corpo) attivano una trasmissione di tipo inibitorio, che va quindi a “placare” stati di sovreccitazione, come ad esempio nell’epilessia. Inoltre il CBD, un componente della cannabis, sta acquisendo un importante ruolo nei disturbi psichiatrici come antipsicotico e ansiolitico. Con questo però va comunque studiato bene il suo caso specifico e analizzato il rischio-beneficio dell’utilizzo di fitocannabinoidi su un adolescente, che tende ad essere una pratica sconsigliata come linea generale.
Buona giornata