1. Tumori cerebrali: il glioblastoma multiforme
Il glioblastoma, o glioblastoma multiforme (GBM), è uno dei tumori più comuni e maligni del cervello. Pur essendoci differenti sottotipi, il glioblastoma origina dalle cellule gliali, più specificamente dagli astrociti, che sono le cellule di rivestimento e supporto dei neuroni. Si manifesta solitamente in entrambi gli emisferi e meno nel tronco cerebrale e nel midollo spinale. Colpisce prevalentemente gli adulti -l’età media di insorgenza è di 53 anni- mentre raramente si manifesta in giovane età e di solito al di sopra dei 15 anni. Nel mondo, l’incidenza è di 4-5 casi ogni 100.000 abitanti anche se alcuni report indicano una diffusione maggiore.
La patogenesi del glioblastoma non è nota, ma ci sono delle ipotesi che lo collegano alle cellule staminali neuronali, scoperte negli anni ’90. Andando contro la convinzione classica che le cellule cerebrali non si rigenerino, queste cellule staminali presenti nel cervello sono in grado di dar vita a nuove cellule, sia neuronali che astrocitiche e oligodendrocitiche.
È stato recentemente scoperto che in vari tumori cerebrali, tra cui il glioblastoma, alcune cellule staminali possono acquisire caratteristiche tumorali ed essere in grado di produrre nuove cellule tumorali. Le cellule staminali neoplastiche del cervello -così sono state nominate- sono molto refrattarie alla chemioterapia e alla radioterapia e ciò spiegherebbe la difficoltà a trattare i tumori del cervello e la loro elevata mortalità.
L’unico fattore di rischio per il glioblastoma di cui si hanno prove scientifiche certe è l’esposizione a radiazioni ionizzanti, che si sviluppano in seguito ad incidenti nucleari o a trattamenti radioterapici. Altre concause ipotizzate, su cui mancano dati certi, sono: vicinanza a cavi dell’alta tensione, traumi cranici, uso di coloranti per capelli, fattori di origine professionale come lavorare con cloruro di vinile, idrocarburi aromatici e pesticidi.
Un altro fattore di rischio sembrerebbero essere le nitrosammine, contenute nel fumo di sigaretta, nella birra e prodotte dall’arrostitura o frittura di molti alimenti.
È stata anche ipotizzata l’associazione con l’esposizione prolungata a campi magnetici, come quelli generati dai telefonini, ma neanche in questo caso ci sono prove scientifiche in grado di chiarire i dubbi.
Non esistono terapie efficaci per sconfiggere il glioblastoma. Un aumento delle aspettative di vita è stato riscontrato in seguito a chirurgia, che rappresenta il trattamento di scelta quando è possibile, ma in questo caso la recidiva del tumore è quasi del tutto inevitabile.
Si può allora ricorrere, ma non sempre è possibile, ad una nuova chirurgia, alla stimolazione elettrica per distruggere le cellule tumorali (che ha dato buoni risultati), a radioterapia o a chemioterapia, di cui la temozolamide rappresenta il farmaco di elezione. In particolare, vari studi clinici hanno dimostrato che la combinazione di temozolamide e radioterapia riesce a prolungare l’aspettativa di vita in molti pazienti, soprattutto quelli che presentano una mutazione (metilazione) del gene metilguanina metiltransferasi (MGMT).
Questo trattamento è diventato quello di prima scelta nei pazienti con glioblastoma.
In ogni caso, i vari trattamenti aumentano solo di qualche mese l’aspettativa di vita, che rimane pressoché nulla dopo i 3 anni dalla diagnosi.