6. La terapia “cucita” sul paziente: le parole del dottor Lorenzo Calvi
“Nonostante il gran numero di manoscritti sull’uso dei cannabinoidi nel glaucoma, l’evidenza scientifica complessiva su questo argomento rimane controversa … Oltre alla mancanza di studi controllati randomizzati, dobbiamo anche sottolineare che la maggior parte dei manoscritti citati risalgono agli anni 70 e ai primi anni 80. Questo può rappresentare un’ulteriore limitazione perché i manoscritti di quel periodo presentano spesso problemi di divulgazione dei dati, analisi statistica, omogeneità della popolazione e valutazione della sicurezza. Per queste ragioni, l’evidenza scientifica su questo argomento rimane limitata”. Queste sono le conclusioni di una revisione sistematica della letteratura pubblicata nel 2020.
Non sembra essere d’accordo con queste conclusioni il dottor Lorenzo Calvi, Medico Anestesista, Etnofarmacologo, Visiting Professor presso l’Università di Milano e collaboratore di Cannabiscienza.
“Io nella pratica ho trattato circa 150-160 pazienti col glaucoma e la cosa straordinaria è che potrei dire che al massimo mi vengono in mente 1 o 2 persone per cui non c’è stato nulla da fare, mentre in tutti gli altri abbiamo avuto un risultato eccezionale, al 98% della casistica. Inoltre, la quantità di farmaco (cannabinoide, ndr) utilizzato è irrisoria rispetto alle altre indicazioni della Cannabis. Bastano infatti solo poche gocce e ciò comporta una compliance del paziente ottima, perché non andiamo ad indurre effetti collaterali psicotici”.
Questo è quanto affermato dal dottor Calvi in un recente webinar sull’argomento, precisando però che buoni risultati si possono ottenere solo personalizzando la terapia, che deve essere “cucita” su misura sul paziente:
“la personalizzazione della terapia rappresenta la summa del ragionamento terapeutico applicato sartorialmente nelle dinamiche del quotidiano del singolo paziente” continua il dottor Calvi, “la personalizzazione si traduce nella strategia clinica di approccio del medico in un percorso terapeutico che passo dopo passo deve essere calibrato alle esigenze e all’evoluzione della patologia; il compito del terapeutico è di dirigere e guidare, trasmettendo al paziente come utilizzare al meglio gli strumenti cannabinoidi disponibili”. Il tutto, continua il dottor Calvi, “rispettando il più possibile, nella valorizzazione farmaceutica, il fitocomplesso originale della pianta, la sinergia naturale tra cannabinoidi e terpeni che ci permette di ottenere un farmaco efficace, potente a bassi dosaggi e clinicamente sicuro”.
L’esperienza dell’utilizzo di Cannabis e cannabinoidi nel glaucoma può essere traslata anche ad altre patologie:
“ciò che mi ha fatto aprire gli occhi sulla Cannabis, che prima era vista solo come un modo per divertirsi, è vedere personalmente i risultati della terapia che progrediscono. Quando vedi un paziente che fa cose che non faceva più ti fai delle domande. Dovremmo fare un corso per far vedere ai colleghi qual è la forza dei cannabinoidi e quanto poco andiamo a rischiare con il loro utilizzo. Questo è il vero risveglio, che ti fa venire il bisogno di approfondire queste terapie. Ciò a patto che venga rispettata l’importanza del triangolo galenico: medico, paziente, farmacista. È necessario che ci sia un confronto continuo tra queste tre entità, se uno di questi passaggi viene a mancare, stiamo perdendo qualcosa. La Cannabis soprattutto richiede questo sforzo, questa comunione, che viene ripagata dall’efficacia della terapia”.