7. Cannabis Terapeutica in Campania: intervista ad un medico prescrittore
Nell’agosto del 2016, quando la Giunta regionale campana ha varato la legge che norma l’accesso ai medicinali e alle preparazioni farmaceutiche a base di Cannabis e di principi attivi cannabinoidi, sembrava di essere di fronte ad una vera svolta. La legge prevedeva la prescrizione di Cannabis e derivati per qualsiasi patologia esistesse una valida documentazione scientifica; inoltre, secondo quanto scritto, “la spesa per le cure con medicinali cannabinoidi è posta a carico del SSR, secondo le modalità di cui alla presente legge, anche quando la terapia avviene in ambito domiciliare”.
Dunque Cannabis rimborsabile per qualsiasi patologia documentabile. Tuttavia, i decreti attuativi hanno smorzato la portata di tale legge, riducendo la rimborsabilità alle sole patologie previste dal decreto del Ministero della Salute.
In Cannabiscienza abbiamo già approfondito quest’aspetto controverso della legge campana, in un articolo che potete trovare qui.
Luci ed ombre quindi per quanto riguarda la Cannabis Terapeutica in Campania. Per vederci più chiaro, noi di Cannabiscienza abbiamo fatto qualche domanda a chi opera direttamente sul campo e, in prima persona, prescrive Cannabis Terapeutica in Campania. Abbiamo infatti intervistato il dottor Marco De Rosa, medico chirurgo in formazione come anestesista rianimatore e terapie del dolore e palliative dell’università Federico II di Napoli e Medico del Portale FreeWeed.
- Quando e come è iniziata la tua esperienza con la cannabis terapeutica?
La mia esperienza con la cannabis matura col tempo e con lo studio della medicina. La mia prima prescrizione in Campania l’ho fatta circa 4 mesi dopo la laurea in Medicina, ho dovuto capire bene la legge ed ho dovuto combattere anche col pregiudizio dei miei familiari. Il mio primo paziente fu un carabiniere, che una domenica fece più di 450 km per venire da me. All’epoca i medici prescrittori nel sud Italia si contavano sulle dita di una mano. Le soddisfazioni sono arrivate da subito, non sono mancate le delusioni. Purtroppo dopo circa 70 anni di proibizionismo che ha provato a screditare questa pianta, si è creata una inutile e dispendiosa lotta che ha generato molta disinformazione. Ci sono molte persone disperate che arrivano alle cure con questa pianta già a volte in stati terminali, sperando nel miracolo.
- Quali sono le principali patologie per le quali prescrivi la cannabis terapeutica?
Qualsiasi patologia di origine psicosomatica, cioè quelle condizioni che la scienza medica ancora non riesce a riconoscere del tutto grazie alle tecnologie attuali, può avvalersi del suo utilizzo. Esempio perfetto è la fibromialgia, ma ce ne sono tante. Io in particolare, essendo in formazione come anestesista, mi occupo di dolore e questa pianta può essere molto utile nel ristabilire un equilibrio quando il principale problema è un dolore di tipo emotivo. Inoltre, ci sono molte condizioni croniche dove la Cannabis può fungere da adiuvante e migliorare l’outcome della terapia. Un esempio classico sono le condizioni cancerose. Ad oggi sappiamo che la cannabis ha un potere contro molti tipi di tumore, ma sicuramente non possiamo ancora dire che da sola può sconfiggere un tumore, però se assunta insieme alla terapia convenzionale, migliora di tanto gli effetti collaterali e il benessere del paziente. Ulteriori studi sono tutt’ora in corso e si scoprono sempre più cose con precisione.
- Che riscontro hai dai tuoi pazienti quando gli proponi la cannabis come terapia?
La maggior parte dei miei pazienti arriva da me con l’idea già chiara di voler assumere cannabis. Ad oggi, per motivi contrattuali, non prescrivo direttamente ma cerco di smistare i miei pazienti a medici del SSN che possono prescrivere il piano terapeutico e quindi ottenerla gratuitamente. A tal proposito saluto il Dott. Sacca, neurologo preparatissimo dell’Università Federico II e soprattutto la Dottoressa Zampi, terapista del dolore e mia mentore, che da tempo si avvale di questo tipo di terapie all’interno all’ambulatorio del dolore dell’università Federico II, Ted II.
- Come giudichi la situazione della Cannabis Medica in Campania?
Devo dire che come regione dal punto di vista legislativo siamo all’avanguardia sul discorso terapeutico. Diventa giorno dopo giorno più facile incontrare medici preparati e pronti a prescrivere cannabis, coscienti del potenziale di questo tipo di terapie.
- Cosa miglioreresti dell’attuale legislazione sulla Cannabis?
Una cosa che sicuramente cambierei è la forma dei preparati in bustine, perché attualmente la legge costringe i colleghi farmacisti a tritare il prodotto. Pessima scelta, perché si perde molta qualità. Penso e credo nel potere terapeutico ma credo e sostengo anche la legalizzazione per vari motivi, primo tra tutti l’ipocrisia che si cela dietro la messa al bando di questa pianta ha reso possibile l’arricchimento di cosche mafiose e continua a finanziare mafie e terrorismi in tutto il mondo. Se solo creassimo una legge che permettesse al consumatore di poterla produrre o di organizzarsi in club sociali, potremmo sottrarre tanti, anzi tantissimi fondi alle mafie. Inoltre, si ridurrebbe la quota carceraria attuale di circa il 40%, ciò significherebbe dimezzare in un attimo il numero di carcerati. Questo inoltre alleggerirebbe tantissimo il lavoro delle nostre forze dell’ordine, che potrebbe concentrarsi su altro. In più, il gigantesco sforzo che negli ultimi 70 anni l’umanità ha compiuto nel combattere le droghe ha sortito un effetto paradosso, peggiorando di molto quella che in realtà all’epoca non era assolutamente un problema sociale come lo è oggi.
- Cosa ti aspetti per il futuro?
Mi aspetto una rivoluzione silenziosa, piano piano i medici si stanno accorgendo sempre più del potenziale di questa sostanza. Penso che sarà sempre più comune conoscere qualcuno che ha utilizzato o utilizza la cannabis con fine terapeutico. Questo finalmente aprirà all’interno della società la consapevolezza che esistono varie strade per raggiungere la cosiddetta “felicità” e che anche sostanze che la natura ha messo a disposizione per noi possono essere un catalizzatore verso nuovi stati più consapevoli dell’essere. Questo supporta un nuovo tipo di medicina che non si limita a separare il corpo dalla mente, ma affronta ogni individuo nella sua interezza. Sarà una rivoluzione al pari dell’antibiotico-terapia, che ha portato la popolazione da 1 a poco meno di 8 miliardi di persone in poco più di 100 anni. Io non penso che lo sdoganamento di questo tipo di terapie farà crescere ulteriormente la popolazione mondiale ma sono sicuro che benessere e felicità avranno un nuovo ruolo di riguardo tra gli obiettivi della medicina.
Nel ringraziare il dottor De Rosa, noi di Cannabiscienza ci uniamo al suo appello: che la rivoluzione della Cannabis Terapeutica continui il suo percorso.