Omeostasi, resilienza e Sistema Endocannabinoide: un approccio olistico per mitigare lo stress da Covid-19

In un periodo di forte stress fisico ed emotivo, come quello che milioni di persone in tutto il mondo stanno vivendo a causa del Covid-19 e delle misure restrittive adottate per prevenirne la circolazione, il funzionamento del Sistema Endocannabinoide che regola il bilanciamento delle funzioni del nostro organismo, viene alterato. Queste alterazioni rendono le persone più suscettibili a pensieri negativi, comportamenti aggressivi e aumentano il rischio di un peggioramento generale della salute.

Una recente pubblicazione mostra come alcuni cambiamenti non invasivi nello stile di vita possano migliorare il tono endocannabinoide, portando ad un conseguente miglioramento della salute psico-fisica e socio-economica dell’individuo.

INDICE

1. Distanziamento, restrizioni e resilienza

Da quando la pandemia da Covid-19 è dilagata in tutto il mondo, le misure adottate dai vari governi per prevenirne la diffusione hanno portato milioni e milioni di persone a fronteggiare una situazione probabilmente prima sconosciuta ai più: il distanziamento sociale che, soprattutto durante i periodi di lockdown, si è trasformato per molti in un vero e proprio isolamento dalla società.

Se da un lato queste misure sono necessarie per prevenire la diffusione del virus, dall’altro diminuire o annullare completamente i rapporti sociali dal vivo, con in più la paura di contrarre la malattia o di contagiare persone care, ha un impatto spesso devastante sulla salute psico-fisica di molti individui.

Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che l’isolamento sociale induce modifiche neuro-psichiatriche che possono portare a fenomeni di psicosi, suicidio, ansia e depressione. Tutte queste condizioni sono correlate ad un’alterazione del Sistema Endocannabinoide attraverso vari meccanismi, compresa la modulazione delle funzioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (hypothalamic–pituitary–adrenal axis, HPA).

Il Sistema Endocannobionoide è infatti deputato al mantenimento dell’omeostasi, cioè del corretto bilanciamento tra le varie funzioni del nostro organismo. Una modifica dell’espressione di alcuni suoi componenti (recettori, enzimi, mediatori endogeni) modifica quello che viene definito “tono endocannabinoide”.

In tutte le situazioni in cui le restrizioni sociali legate alla pandemia hanno portato ad un aumento di stress, paura ed emozioni negative, ristabilire un corretto tono endocannabinoide può rivelarsi una strategia utile per migliorare la nostra capacità di resistenza alle avversità e di recupero dell’omeostasi; in altre parole, ciò può aumentare la nostra capacità di resilienza, un termine sempre più in voga che indica non solo la capacità di resistere agli urti della vita, ma anche quella di uscire rinforzati dalle avversità.

Come fare a migliorare il tono endocannabinoide?

Secondo una recente lavoro dal titolo Lifestyle Interventions Improving Cannabinoid Tone During COVID-19 Lockdowns May Enhance Compliance With Preventive Regulations and Decrease Psychophysical Health Complications, pubblicato da ricercatori dell’Università di Padova- tra i quali la nostra Viola Brugnatelli, neuroscienziata e CEO di Cannabiscienza- sulla rivista Frontiers in Psichiatry, è possibile migliorare il tono endocannabinoide attraverso modifiche dello stile di vita che includono l’utilizzo di probiotici, di Cannabis Terapeutica e dei suoi componenti, esercizio fisico, ipnosi e meditazione.

2. Fisiopatologia delle modifiche del Sistema Endocannabinoide indotte dall’isolamento

I recettori CB1, componenti fondamentali del Sistema Endocannabinoide, sono espressi in tutto il cervello, ma soprattutto nelle aree che regolano stress ed emozioni: corteccia prefrontale (PFC), ippocampo e amigdala.

Una diminuzione della concentrazione dei recettori CB1 nel cervello induce ansia e alcuni studi hanno rivelato che l’isolamento sociale può portare ad una perdita di neuroni nella corteccia prefrontale, con un conseguente aumento di comportamenti aggressivi. L’isolamento modifica anche il Sistema Endocannabinoide nell’ipotalamo e ciò è correlato ad un aumento dello stress, attraverso un’iperattivazione dell’asse HPA: viene in questo modo indotto un aumento di rilascio di cortisolo, conosciuto anche come l’ormone dello stress.

Condizioni di forte stress modificano anche l’espressione dei due principali endocannabinoidi, l’anandamide, che viene diminuita e il 2-arachidonoilglicerolo, che invece è aumentato in caso di stress. Lo stress modifica anche l’espressione di alcuni geni del Sistema Endocannabinoide e queste modifiche sono di solito correlate allo sviluppo di disturbi del comportamento come ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico (PTSD).

Come suggerito dagli stessi autori dello studio, presi insieme questi dati suggeriscono la necessità di strategie volte non solo a diminuire lo stress in sé, ma anche ad aiutare a ripristinare un corretto tono endocannabinoide, quest’ultimo fortemente legato alle reazioni individuali ad ambienti ed eventi stressanti.

Omeostasi resilienza Sistema Endocannabinoide e covid-19 - Paper Image Viola Brugnatelli - Cannabiscienza

3. Strategie per migliorare il Sistema Endocannabinoide

Secondo i ricercatori dell’Università di Padova, è possibile rafforzare il Sistema Endocannabinoide attraverso semplici modifiche del nostro stile di vita, con conseguente miglioramento non solo del nostro benessere psico-fisico ma anche del sistema immunitario, che può così contrastare in maniera più efficace gli agenti patogeni che ci attaccano. Un intervento non esclude l’altro, anzi le pratiche proposte dovrebbero essere integrate per una maggiore garanzia di successo.

3.1 Interventi nutraceutici

Nel nostro intestino risiedono miliardi e miliardi di batteri, una popolazione ben più numerosa di tutte le cellule del nostro corpo che insieme forma quello che è definito microbiota intestinale. Modifiche del microbiota sono correlate ad un aumento di comportamenti ansiosi e simil-depressivi e ad un cambiamento del tono endocannabinoide. L’utilizzo di probiotici per ristabilire un corretto microbiota aiuta a ripristinare il tono endocannabinoide (attraverso un aumento dell’anandamide) e a diminuire ansia e stress.

Anche la palmitoiletanolammide (PEA) può essere utile per migliorare comportamenti simil-deprssivi. La PEA è un simil-cannabinoide presente nel nostro organismo e in molti alimenti (uova, arachidi, soia, carne, pesce, ecc…) che non solo può essere di aiuto nei sintomi neurologici post-Covid (come ansia e depressione) ma è attualmente in studio in vari trials clinici come trattamento per contrastare l’eccessiva infiammazione e la perdita di olfatto indotti dalla Covid-19.

Tra gli alimenti utili per ristabilire un corretto tono endocannabinoide troviamo il cioccolato fondente, in grado di diminuire il rilascio di cortisolo e contenente N-aciletanolamine, degli inibitori degli enzimi che degradano gli endocannabinoidi che, di conseguenza, ne aumentano l’espressione.

Il beta-cariofillene, un terpene contenuto nella Cannabis Terapeutica e in vari alimenti come carote e pepe nero, oltre ad avere effetti anti-infiammatori aumenta il tono endocannabinoide ed esercita effetti anti-depressivi. Nel pepe nero è presente anche la guineensina, un alcaloide che aumenta i livelli di anandamide.

Anche il tartufo nero contiene sostanze in grado di aumentare i livelli di endocannabinoidi, così come tutti gli alimenti che contengono kaempferolo, un flavonoide normalmente presente in alimenti quali capperi, zafferano, rucola, more e molte altre piante commestibili.

Infine abbiamo la curcuma, il cui costituente principale, la curcumina, anche se non sembra essere in grado di aumentare notevolmente l’espressione degli endocannabinoidi, sembra essere in grado di indurre effetti anti-depressivi.

3.2 Interventi fitoterapici

Il mondo vegetale, da sempre fonte di molecole ad attività biologica, può essere sfruttato per migliorare il tono endocannabinoide. Naturalmente, la pianta che per eccellenza è in grado di fare ciò è la Cannabis Sativa.

I dati provenienti da vari Stati USA e dal Canada, nazioni in cui è legislativamente più facile ottenere Cannabis Terapeutica o per uso ricreazionale, mostrano che durante i periodi di lockdown si è avuto un incremento della richiesta di cannabis.

Come sottolineato anche dagli autori dello studio, esiste un razionale per l’utilizzo di cannabis in queste circostanze.

Alcune ricerche hanno infatti dimostrato che i comportamenti di tipo depressivo indotti dal distanziamento e dall’isolamento sociale, sono mitigati dall’attivazione dei recettori cannabinoidi. Inoltre, l’isolamento induce una riduzione dei recettori D2 della dopamina nella PFC, che può essere bilanciata da una stimolazione dei CB1.

L’aumento di utilizzo di cannabis in USA e Canada, soprattutto come prodotto per automedicazione, non è correlato ad un aumento di casi di depressione, ansia o problemi del sonno. Tuttavia, come evidenziato dai ricercatori dell’Università di Padova, sarebbe da incoraggiare l’utilizzo di prodotti che non inducono gli effetti psicotropi dovuti al tetraidrocannabinolo (THC). Come alternativa, l’utilizzo del cannabidiolo (CBD) andrebbe incoraggiato.

Il CBD -tra i principali costituenti della cannabis e dotato di attività ansiolitica, anti-depressiva e anti-psicotica– è stato testato in animali in isolamento, confermando i suoi effetti benefici nell’attenuare il comportamento aggressivo, attraverso un meccanismo associato ad un aumento dei livelli di anandamide e all’attivazione dei recettori cannabinoidi e serotoninergici. Il CBD è stato anche proposto come intervento specifico per attenuare i sintomi e l’infezione da Sars-Cov-2.

Un’altra pianta interessante è l’Echinacea, in grado di aumentare i livelli di endocannabinoidi e di attivare i recettori CB2 (dotati di attività anti-infiammatoria). Oltre ad essere un potente stimolante del sistema immunitario, alcuni studi hanno mostrato che l’Echinacea è anche in grado di indurre effetti ansiolitici.

3.3 Attività fisica

Mens sana in corpore sano. Senza scomodare Giovenale, l’attività fisica ha dimostrato di svolgere un ruolo importante nel mantenimento della salute mentale, diminuendo l’ansia e alleviando i sintomi depressivi ed è stata sin dall’inizio raccomandata come una pratica regolare durante la pandemia, per prevenire disfunzioni metaboliche e immunologiche.

Da notare che numerosi studi hanno dimostrato che una regolare attività fisica, anche moderata come una semplice corsa, un giro in bicicletta, un’escursione e altri esercizi aerobici non particolarmente intensi, è associata ad un aumento di espressione degli endocannabinoidi, in particolare dell’anandamide e ad una ridotta attività degli enzimi che li degradano.

3.4 Ipnosi e meditazione

Uno degli aspetti più interessanti di questo studio è l’attenzione rivolta dagli autori a pratiche che solo ultimamente e anche con una certa fatica, stanno interessando il mondo scientifico, come l’ipnosi e la meditazione.

Anche se molto diverse tra loro, queste due tecniche di “introspezione mentale” hanno molti aspetti in comune, non ultimo la loro attinenza con il cosiddetto effetto placebo. Proprio l’effetto placebo coinvolge l’attivazione del Sistema Endocannabinoide e di quello oppioide.

Entrambe le pratiche, definite dagli autori due facce della stessa medaglia, evidenziano l’importanza di un approccio olistico che comprenda l’unità inseparabile mente-cervello-corpo-ambiente.

Una grande quantità di dati ha dimostrato come l’ipnosi e la meditazione possono migliorare il controllo metacognitivo e generare cambiamenti intenzionali in aree e circuiti cerebrali inconsci che portano a risultati eccezionali, uno per tutti l’analgesia ipnotica, oltre ad aiutare a sviluppare consapevolezza, a decostruire e a ristrutturare le problematiche del paziente, a migliorare il controllo della mente e del corpo e a gestire i disturbi funzionali e psicosomatici.

Da un punto di vista neuropsicologico, sia l’ipnosi che la meditazione influenzano fortemente sia il cosiddetto default mode network, un circuito neuronale coinvolto nell’elaborazione autoreferenziale, sia la corteccia cingolata anteriore, un’area del cervello che può avere un ruolo centrale nei disturbi dissociativi dell’identità e nel PTSD.

Secondo gli autori, per affrontare al meglio eventi traumatici come la Covid-19 e le conseguenti restrizioni sociali, è necessario stabilire una relazione bidirezionale tra mente e cervello, dove i cambiamenti del cervello si ripercuotono su quelli della mente e viceversa. Di conseguenza, mentre gli interventi farmacologici e quelli nutraceutici possono migliorare indirettamente determinate funzioni cerebrali e aiutare a diminuire i sintomi di una patologia, le tecniche comportamentali modulano direttamente le stesse funzioni cerebrali attraverso la cognizione e una riorganizzazione dei rapporti mente-cervello.

In questo modo, sia l’ipnosi che la meditazione possono aiutare migliorare le componenti neuropsicologiche di diversi disturbi psicologici e psichiatrici e favorire la resilienza.

4. Covid e Sistema Endocannabinoide: le conclusioni

Resilienza è un neologismo entrato nell’uso comune soprattutto a partire dal periodo del lockdown. Derivato dalla fisica dove indica la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi, in biologia e in psicologia la resilienza può essere definita come la capacità di resistere alle avversità mantenendo l’omeostasi, recuperando l’equilibrio iniziale dopo una perturbazione, o la capacità di raggiungere un nuovo equilibrio attraverso l’allostasi, il mantenimento della stabilità attraverso il cambiamento.

Non a caso, il piano di aiuti (dall’Europa) all’economia e alla società italiana per uscire dalla crisi post-pandemia è stato denominato piano nazionale di ripresa e resilienza.

Essere resilienti mantenendo l’omeostasi aiuta ad uscire indenni (se non migliori) dalla pandemia e, da un punto di vista fisiologico, il mantenimento dell’omeostasi è la funzione primaria del Sistema Endocannabinoide. Aumentando il tono endocannabinoide, attraverso semplici modifiche dello stile di vita, si resiste meglio allo stress e a stati d’ansia o di depressione che sono sempre più frequenti in questo periodo di pandemia.

Su queste basi poggiano le proposte dei ricercatori dell’Università di Padova, secondo cui integrando interventi nutraceutici, fitoterapici e tecniche di comportamento è possibile mantenere un corretto tono endocannabinoide, ottenendo una “protezione” dallo stress in periodi difficili come quelli attuali.

Quindi l’utilizzo di probiotici, di alimenti specifici come cacao, pepe nero o curcuma, di piante come la cannabis e l’echinacea e di tecniche mentali come l’ipnosi e la meditazione, favorendo il mantenimento del giusto tono endocannabinoide, migliorano la salute mentale e il sistema immunitario, contribuendo al benessere dell’individuo soprattutto in presenza di stimoli ambientali fortemente condizionanti.

Oltre ad indicare modifiche dello stile di vita attraverso un approccio olistico, gli autori concludono il loro studio affermando che “il nostro obiettivo è quello di sostenere i governi di tutto il mondo nell’utilizzo di suggerimenti e indicazioni basate sull’evidenza per gestire i problemi socioeconomici generati da una cattiva salute mentale”.

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Autore
Fabio Turco
Neurogastrocannabinologo - Chimico Farmaceutico

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