1. I TRICOMI NELLA PIANTA DI CANNABIS
In tutte le piante, la funzione principale dei tricomi (escrescenze sottili della loro epidermide), è quella di protezione e sopravvivenza della pianta stessa. Nel caso della Cannabis, i tricomi sono anche la piccola fabbrica deputata allo sviluppo di cannabinoidi, oltre che di terpeni e flavonoidi. [1]
Nella Cannabis sono presenti numerosi tipi di tricomi, classificati in due macroclassi:
- non-ghiandolari
- ghiandolari
Questa classificazione si basa sulla loro capacità di produrre e immagazzinare metaboliti secondari.
1.1 TRICOMI NON GHIANDOLARI
I tricomi non ghiandolari sono estensioni simili ai capelli che ricordano i peli delle foglie, con un apice sottile e appuntito. Proteggono la pianta dall’ambiente in cui si trova, principalmente attraverso mezzi fisici (ad esempio limitando l’accesso ad animali e insetti, prevenendo perdite d’acqua, o degrado della luce e infezioni fungine). È tipico trovare tricomi non ghiandolari sia nella parte superiore che inferiore delle foglie di Cannabis.
1.2 TRICOMI GHIANDOLARI
I tricomi ghiandolari producono e immagazzinano grandi quantità di resina, che contiene i principali metaboliti secondari della pianta, tra cui i cannabinoidi.
Le piante di Cannabis utilizzate per scopi medici sono dioiche, vi sono cioè piante con i gameti maschili e altre con gameti femminili. Le piante femminili sono particolarmente ricche di tricomi ghiandolari.
Questi sono principalmente associati alle strutture dei fiori, ma possono anche essere trovati sul lato inferiore delle foglie e occasionalmente sugli steli delle piante giovani.
I tricomi ghiandolari sono stati a loro volta suddivisi in tre tipologie:
- Tricomi bulbosi: misurano 15-30 micron e possono essere trovati in tutta la pianta; non producono né ospitano cannabinoidi o terpeni.
- Tricomi sessili-peltati: misurano da 25 a 100 micron di diametro e hanno una testa globosa e peduncolo corto. Questi sono più comuni in quanto si trovano su steli, foglie e brattee. Essi producono cannabinoidi durante tutto il ciclo vitale della pianta, ma a concentrazioni inferiori dei tricomi peduncolati.
- Tricomi capitato-peduncolati: misurano da 150 a 500 micron di altezza e assomigliano a piccoli funghi. I tricomi capitato-peduncolati sono la fonte primaria di cannabinoidi, terpeni e degli altri olii vegetali presenti nella pianta di Cannabis. I tricomi capitato-peduncolati si sviluppano solo dopo la formazione delle infiorescenze e si trovano soprattutto sulle brattee che sottendono fiore e seme.
I diversi tipi di tricomi nella pianta di Cannabis.
Per mettere la dimensione di un tricoma in prospettiva, un capello umano è di circa 75 micron e un globulo rosso umano è di circa 5 micron.
La quantità e il tipo dominante di tricomi su qualsiasi pianta di Cannabis è in parte determinato geneticamente, ma la formazione di ghiandole di resina -che contengono i metaboliti prodotti- e il processo che avviene all’interno di essi, dipende molto anche dalla somma di tutti i fattori ambientali coinvolti.
2. LA METABOLOMICA DELLA CANNABIS: MECCANISMI BIOSINTETICI DEI CANNABINOIDI
Tutte le caratteristiche osservabili dei vari strains di Cannabis (colore, altezza etc) definiscono il fenotipo, la manifestazione visiva dell’insieme di geni (genotipo) che compongono il DNA della pianta.
La concentrazione dei cannabinoidi e di altri metaboliti secondari e il loro rapporto, determina il fenotipo chimico o chemiotipo della Cannabis. Particolari geni e alleli sono responsabili della tipologia di cannabinoidi presenti in alcune varietà. [2]
Nella pianta di Cannabis, la biosintesi dei cannabinoidi è una rete molto complessa di processi enzimatici ed avviene all’interno dei tricomi ghiandolari.
I cannabinoidi sono sintetizzati e accumulati come acidi carbossilici. Essi possono a volte perdere la loro porzione acida e diventare neutri (soprattutto per riscaldamento, ndr.), attraverso un processo denominato decarbossilazione (ad es. Acido cannabigerolico, CBGA; forma decarbossilata: cannabigerolo, CBG). [3]
*Da questo punto in poi gli acidi dei cannabinoidi per semplicità vengono descritti con le abbreviazioni della loro forma decarbossilata
Il CBG è il precursore diretto del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), del cannabidiolo (CBD) e del cannabicromene (CBC). In generale, quasi tutte le reazioni biologiche sono delle catalisi enzimatiche, dove per catalisi si intende un fenomeno chimico attraverso il quale la velocità di una reazione aumenta per l’intervento di una sostanza detta catalizzatore, che non viene consumata dal procedere della reazione stessa.
In biologia, i catalizzatori sono gli enzimi. Anche le diverse conversioni di CBG sono catalizzate enzimaticamente e per ciascuna reazione è stato identificato un enzima, denominato sintasi:
- sintasi dell’acido THC
- sintasi dell’acido CBD
- sintasi dell’acido CBC
Dal precursore (CBGA) ai vari cannabinoidi
Le sintasi CBD e THC sono molto simili per quanto riguarda la loro affinità (capacità di legame) per il CBG e la loro capacità catalitica.
L’affinità della CBC sintasi per il suo substrato (il CBG) è più alta ma, al contrario, la sua capacità catalitica è inferiore, portando ad una produzione inferiore di CBC.
É stato verificato che i chemiotipi a CBD e THC sono controllati da un gene definito B che presenta due forme (definite alleli) BD e BT che portano rispettivamente alla formazione di chemotipi a CBD e a THC.
Dunque, piante ad elevato contenuto di CBD presentano un gene a carattere BD/BD (ciò significa che entrambi gli alleli, o forme del gene, sono BD); piante a maggioranza THC presentano un gene a carattere BT/BT; piante con rapporto tra i due cannabinoidi simili, un gene a carattere BT/BD.
Piante a carattere predominante CBG hanno invece un allele definito B0 che causa un difetto nella sintesi degli altri cannabinoidi. [4]
I cannabinoidi di cui abbiamo finora parlato sono i più comuni e hanno una catena laterale pentilica (a 5 atomi di carbonio), ma esistono degli omologhi propilici (a 3 atomi di carbonio) di CBD, THC, CBC e CBG, indicati come cannabidivarina (CBDV), delta 9- tetraidrocannabivarina (THCV), cannabicromevarina (CBCV) e cannabigerovarina (CBGV), dove il CBGV è l’intermedio chiave per i cannabinoidi propilici, proprio come CBG è per i pentilici.
Alleli dominanti (BD e BT) e recessivi (B0) nella pianta di Cannabis
Vediamo ora alcune differenze tra varie strains, per quanto riguarda il contenuto di cannabinoidi.
2.1 CULTIVAR AD ELEVATA CONCENTRAZIONE DI THC E CBD (DA FIBRA E MEDICINALE)
La presenza di fitocannabinoidi ad azione psicotropa ed altri senza questa caratteristica ha indotto i coltivatori, nel corso del tempo, ad eseguire una selezione agronomica specifica.
La Cannabis sativa L. non è una specie uniforme dal punto di vista del contenuto in principi attivi; in base alla presenza di cannabinoidi e in particolare secondo il contenuto di THC sono state definite, nel 1971, 3 varianti chimiche:
- “tipo terapeutico”, considerate chemiotipo I
- “tipo intermedio”, dette chemiotipo II
- “tipo fibra” considerate chemiotipo III
Queste 3 varianti sono riconoscibili grazie a una relazione relativamente semplice introdotta da Fetterman e colleghi [5] la quale si basa sulla somma di THC e cannabinolo (CBN) in rapporto al CBD.
Il fenotipo è quindi espresso come: (THC + CBN)/CBD.
Un valore maggiore di 1 indica una Cannabis terapeutica ad alto contenuto di THC, prevalentemente utilizzata in medicina, come suggerisce il nome.
Un valore inferiore ad 1 indica una cannabis utilizzabile per la produzione di fibra, caratterizzata da un’elevata concentrazione di CBD. Le principali varietà di canapa utilizzate per la produzione di fibra hanno infatti di solito un rapporto tra (THC + CBN)/CBD inferiore allo 0,05. [6]
Percentuali di THC e CBD nei diversi fenotipi
Oltre ai 3 fenotipi principali, vengono spesso descritti altri fenotipi, come il 4 (ad alta concentrazione di CBG). [7]
2.2 CULTIVAR AD ELEVATA CONCENTRAZIONE DI CBG
Le strain francesi Santhica 23, Santhica 27 e Santhica 70 (letteralmente “Sans THC”, senza THC) sono esempi di cultivar (varietà agrarie di una stessa specie botanica) ad elevata concentrazione di cannabigerolo (CBG: 1,5 – 2,0%).
In alcuni casi, anche nelle coltivazioni della varietà italiana Carmagnola, si ha una piccola percentuale di ceppi di pianta ad alto contenuto di CBG, rispetto alla normale prevalenza del CBD. [8]
Una selezione a partire da varietà con predominanza CBG, ha portato alla produzione di cultivar con elevate percentuale di questo cannabinoide, sviluppate dall’azienda spagnola Phytoplant. Queste piante potrebbero essere utilizzate in un futuro non molto lontano, considerando che la ricerca sul CBG sta ottenendo risultati promettenti, soprattutto nell’ambito dell’infiammazione intestinale.
La selezione di queste varietà è stata fatta partendo da varietà monoiche, ovvero da piante che presentano organi riproduttivi sia maschili che femminili, definite anche ermafrodite. Una percentuale di semi derivati da queste piante svilupperanno piante dioiche, permettendo così la selezione di quei fenotipi con le caratteristiche migliori.
2.3 NUOVI CULTIVAR E PROSPETTIVE FUTURE (CBC, CBDV)
Tra i vari cannabinoidi, anche il cannabicromene (CBC) sta suscitando l’interesse della comunità scientifica, soprattutto per le sue proprietà anti-infiammatorie e anti-virali; questo cannabinoide è stato trovato in discrete quantità nei cultivar a prevalenza THC soprattutto nella fase di crescita vegetativa della pianta; man mano che la pianta si sviluppa, il contenuto di CBC decresce, fino a completa maturazione durante il periodo di fioritura.
Varie ricerche hanno dimostrato l’influenza della luce nello sviluppo di questo cannabinoide. In particolare, uno stress dovuto ad minore presenza di luce porta a una diminuzione del contenuto degli altri cannabinoidi, pur mantenendo buone quantità di CBC. In questo modo, variando opportunamente le quantità di luce, si possono ottenere cultivar a prevalenza CBC. [9]
Anche i cultivar contenenti cannabinoidi propilici, come la cannabidivarina (CBDV), presentano un’ottima prospettiva futura (per un maggiore approfondimento, vi suggeriamo l’articolo “Il CBDV per trattare deficit cognitivi e motori“).
Ad esempio, negli ultimi tempi il colosso farmaceutico britannico GW Pharmaceutical sta implementando gli studi su questo particolare cannabinoide.
Altre piante da accennare sono la Ermo, che viene considerate una pianta priva di cannabinoidi (0,5% cannabinoidi totali). Causata da un errore a livello genico, l’assenza di cannabinoidi è associata a foglie intere nel primo stadio di sviluppo invece delle classiche foglie tripartite. Inoltre, i semi sviluppati da questa varietà contengono un livello di acidi grassi polinsaturi superiore rispetto alle varierà di canapa maggiormente diffuse.
La bassa concentrazione di cannabinoidi totali potrebbe avere degli interessanti sviluppi come placebo in alcuni studi clinici.
3. PROCESSI DI ANALISI E METABOLOMICA DELLA CANNABIS
Per determinare il periodo di raccolta migliore in funzione dei cannabinoidi ricercati, è necessario seguire l’andamento di cannabinoidi e terpeni durante la fase di fioritura (analisi “in-process”).
È consigliabile iniziare a seguire il contenuto dei cannabinoidi a partire da metà fase fioritura, in modo da avere una stima potenziale del contenuto della pianta e, soprattutto per coltivazione di canapa industriale, andare a monitorare il contenuto di THC.
Grazie alle analisi “in-process” è possibile stimare il picco dei cannabinoidi. In questo modo si può controllare più facilmente la quantità di cannabinoide desiderata. Ad esempio, si può optare per una raccolta prematura nel caso in cui si vogliano avere discrete quantità di CBC piuttosto che di THC. [10]
Le analisi effettuate in-process devono tener conto di diversi fattori, come la quantità di acqua presente nei fiori freschi (circa il 40% del peso totale).
É consigliabile effettuare un essiccazione rapida (con forni a temperature controllata) per analizzare i cannabinoidi, così da velocizzare il processo analitico, rispecchiando il più possibile il peso finale del prodotto.
Le principali tecniche di analisi dei cannabinoidi sono definite cromatografiche. Anche se si basano su strumenti diversi, queste tecniche hanno in comune la capacità di separare sostanze in base al grado di affinità con un particolare substrato. Le più comuni apparecchiature analitiche da laboratorio sono la cromatografia ad alte prestazioni (HPLC), la gas-cromatografia (GC) e la cromatografia liquida (LC). Questi strumenti di analisi, sebbene molto precisi, hanno lo svantaggio del costo elevato e di richiedere una manodopera altamente specializzata. Attualmente, è possibile seguire l’andamento qualitativo della resa in cannabinoidi, utilizzando apparecchiature di facile gestione come la cromatografia su strato sottile (TLC).
I test AlphaCat sono un esempio di kit per TLC portatili, che permettono le operazioni necessarie per poter fare un primo screening dei cannabinoidi e permettere di scegliere in maniera economica i campioni da inviare a laboratori specializzati per analisi più approfondite e specifiche.
Inoltre, in alcuni Stati sono disponibili a noleggio HPLC portatili di buona affidabilità, come Lightlab (https://www.orangephotonics.com/lightlab/).
Esempio di un profilo cromatografico dei principali cannabinoidi, ottenuto mediante GC
Ultimamente si stanno utilizzando molto alcuni tipi di analizzatori portatili, in grado di dare una stima dei cannabinoidi totali e dei terpeni. Le analisi riscontrate vengono confrontate con un database in grado di rilevare lo strain a cui il profilo cannabinoidico e terpenico corrisponde. Questi analizzatori, come quello dell’azienda californiana MyDx, hanno però un certo grado di incertezza analitica, oltre a non rilevare la frazione acida.
Sempre la MyDx ha annunciato il lancio di funzioni che rilevano presenza di pesticidi e metalli pesanti; questi prodotti potrebbero avere un forte impatto sulla scelta del consumatore finale.
In ogni caso, sul prodotto finale è sempre consigliabile affidarsi ad un laboratorio con metodica analitica validata. Questi laboratori, tipicamente, effettuano analisi per verificare il contenuto di cannabinoidi e loro acidi, di terpeni, pesticidi, metalli pesanti, aflatossine e idrocarburi policiclici aromatici (IPA).
4. RACCOLTA E CONSERVAZIONE
La fase di essiccazione è fondamentale per una buona conservazione. Meglio evitare metodi “fai da te”
Identificare la fase di raccolta ottimale è un passo fondamentale nella coltivazione della Cannabis. Il monitoraggio del contenuto di cannabinoidi consente di raccogliere il materiale con il contenuto in cannabinoidi desiderato.
Poiché si osserva che i livelli di cannabinoidi sono più alti durante le ore del mattino e diminuiscono gradualmente, la raccolta è consigliata durante queste ore. Ovviamente questo non è applicabile alla coltivazione indoor.
L’igiene del materiale raccolto dovrebbe rappresentare la massima priorità durante la raccolta. Se il raccolto viene utilizzato come materiale di partenza per interesse farmaceutico, il suo contatto con il terreno dovrebbe essere evitato.
A seconda delle dimensioni della coltivazione, è poi possibile selezionare la metodica di essiccazione più adatta.
Per grandi coltivazione in scala, le piante vengono poste in camere per essiccazione “ad aria forzata”.
Una volta che il materiale vegetale è stato essiccato correttamente, può essere trattato a mano o con macchinari industriali, a seconda delle esigenze.
Le macchine automatizzate progettate per la lavorazione del raccolto di Cannabis, possono anche essere utilizzate per separare gambi e semi dal materiale di interesse.
La Cannabis essiccata e lavorata può essere immagazzinata in contenitori idonei all’uso alimentare/farmaceutico per una conservazione a breve termine.
Evitare contaminazioni durante la fase di stoccaggio è un altro aspetto da tenere molto in considerazione; per questo motivo, per una conservazione a breve termine viene mantenuta in locali monitorati, una temperatura intorno ai 18-20 °C e un’umidità inferiore al 35%.
Per la conservazione a lungo termine sono necessarie celle frigo a temperature inferiori a 0° C e in condizioni di scarsa illuminazione.
Tali disposizioni consentono di prevenire l’ossidazione dei cannabinoidi (come la conversione del THC in CBN). Inoltre, una corretta gestione di questa fasi previene la decarbossilazione dei cannabinoidi acidi nei rispettivi cannabinoidi decarbossilati (come da CBDA a CBD) e serve a preservare il profilo terpenico, soprattutto di quelle molecole odorose ad alta volatilità (monoterpeni).
Il raccolto può a questo punto essere considerato pronto per le fasi successive, come confezionamento ed estrazione.
5. CONCLUSIONI SULLA METABOLOMICA DELLA CANNABIS
La pianta di Cannabis può essere considerata una piccola “officina farmaceutica”, poiché al suo interno si ritrovano decine e decine di sostanze di interesse terapeutico. I cannabinoidi, ma anche i terpeni, i flavonoidi e altre sostanze in essa contenuti costituiscono il “fitocomplesso” della Cannabis, che può essere definito come l’insieme dei principi attivi -noti e non- farmacologicamente attivi e delle sostanze che aiutano la loro azione, che possono essere poco attive o del tutto inattive.
Non tutte le varietà di Cannabis hanno però lo stesso contenuto in principi attivi, quindi è importante conoscere il chemiotipo di ciascun strain, in modo da poter scegliere quello con le caratteristiche desiderate.
Inoltre, come abbiamo visto, agendo su alcuni fattori, come la quantità di luce o il tempo di raccolta, è possibile selezionare un chemiotipo piuttosto che un altro. Si possono così selezionare varietà ad alto contenuto di THC, piuttosto che di CBD o CBG. Ciò è molto importante dal punto di vista farmaceutico, perché permette di concentrare la coltivazione sulle varietà che maggiormente contengono i principi attivi desiderati.
Le analisi in-progress permettono poi di capire il momento migliore per la raccolta e, se il prodotto è conservato in maniera idonea, può essere pronto per il suo utilizzo, con tutte le caratteristiche desiderate.
In conclusione, conoscere bene il chemiotipo di ogni varietà di Cannabis e i metodi con cui modificarlo, permette la coltivazione di verità di Cannabis in grado di soddisfare sempre di più le esigenze degli utilizzatori finali, siano essi pazienti in cura con Cannabis Terapeutica, piccoli coltivatori o aziende farmaceutiche.
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