L’utilizzo della cannabis in zootecnica: l’alimentazione della capra al pascolo

È possibile migliorare la produzione di latte ed avere animali sani e produttivi senza ricorrere all’utilizzo di farmaci? Partendo da questa domanda, il dr Ruggero Amato dell’Università Federico II di Napoli, ha portato avanti un progetto di ricerca dai risvolti interessanti nell’ambito della zootenica. 

INDICE

“Nell’ambito del mio percorso, prima come studente e poi come ricercatore, presso l’Università degli Studi Federico II di Napoli ho intrapreso alcuni lavori, attualmente in via di svolgimento, sui vari aspetti legati all’uso di cannabis (e dei suoi derivati) in medicina veterinaria. In particolare, l’idea che mi ha portato ad interessarmi all’argomento è stata, come spesso accade, la ricerca di una soluzione semplice ad un problema complesso. Dopo qualche tempo, dedicato a ragionare su quale sostanza potesse corrispondere a queste caratteristiche ritenni che la canapa potesse essere la soluzione migliore al problema ed esposta la mia ipotesi ad i professori Federico Infascelli e Laura Rinaldi – rispettivamente Alimentazione e Nutrizione animale e Parassitologia Veterinaria siamo partiti con le ricerche del caso”.

Dr Ruggero Amato

 

1. LA CANNABIS IN ZOOTECNICA

La cannabis è chiaramente una pianta che vanta un ampio spettro di possibili utilizzi, alcuni dei quali sono di fatto ancora da chiarire. Curiosamente, la multifunzionalità della pianta di cannabis è in un certo senso esplicitata dalla molteplicità di nomi con cui è identificata, da canapa a marijuana per passare da cannabis fino ai termini più “gergali”.

Nell’ambito di quelli che potremmo definire i “nuovi usi” della cannabis rientra certamente l’uso nutraceutico – quasi medicinale – della pianta stessa, intesa come un alimento che (nel nostro caso) possa migliorare le produzioni di latte, in termini di qualità e di quantità.

Ad onor del vero, da almeno 4500 anni la cannabis è utilizzata come pianta medicinale nella medicina tradizionale cinese prima e nel mondo occidentale poi (esistono antiche prove della presenza di cannabis in Europa, tuttavia il suo utilizzo è probabilmente riconducibile a pratiche religiose e sciamaniche più che mediche). Un aspetto tuttavia spesso ignorato è che la cannabis viene in realtà utilizzata, alle pendici dell’Hindu Kush ed in generale nei suoi areali di coltivazione ancestrale, come foraggera in quanto pianta resistente ed altamente nutritiva.

Sin ora le proprietà mediche della pianta di cannabis, ben conosciute in medicina umana, non erano mai state sondate in campo zootecnico.

Per essere precisi, semi e panelli di cannabis sono stati utilizzati in zootecnia con risultati più o meno soddisfacenti, tuttavia mai prima d’ora (per correttezza va detto che questa era la situazione al momento dell’inizio dello studio, ad oggi esiste almeno un altro progetto in Nord America legato alla somministrazione a vacche da latte) si era provato a somministrare a degli animali da reddito la componente della pianta contenente i principi attivi con conclamato effetto terapeutico, come il cannabidiolo (CBD), i terpeni ed i flavonoidi, ovverosia la biomassa costituita da fiori ed alcune foglie.

 

2. CANNABIS E ALIMENTAZIONE ANIMALE

Nel corso di questa sperimentazione, che fa parte di un progetto più ampio (nominato per ovvi motivi “la capra allegra”) volto ad analizzare gli effetti della somministrazione di cannabis da più punti di vista possibili, si è tenuto conto non solo delle produzioni di latte ma anche dell’eventuale effetto antielmintico (contro alcuni endoparassiti) proprio del CBD o delle altre sostanze estratte dalla pianta di cannabis. 

Ma per quale motivo proprio la cannabis e non un’altra pianta dal comprovato effetto nutraceutico?

  • Il considerevole contenuto di CBD, molecola che svolge varie funzioni nell’organismo tra cui antinfiammatorio, antiossidante e che soprattutto coadiuva, interagendo con il sistema endocannabinoide, il mantenimento dell’omeostasi. [1]
  • Il variegato panel di terpeni, che da un lato svolgono una funzione antielmintica ed antibatterica e dall’altro sono precursori degli acidi grassi “nobili” del latte, tra cui l’acido linoleico coniugato (CLA). [2]
  • I polifenoli, naturalmente presenti in tutte le piante e particolarmente abbondanti nella cannabis, grazie all’accurata selezione effettuata dall’uomo. Tali molecole posseggono una spiccata attività antiossidante ed influenzano le caratteristiche aromatiche del latte. [3] ; [4]

3. LO STUDIO: CANNABIS PER MIGLIORARE LA PRODUZIONE DI LATTE

Nella tabella 1 viene riportato il quantitativo di CBD presente nella biomassa utilizzata per lo studio (nello specifico la varietà di cannabis, fornitaci per gentile concessione dal Centro Sviluppo Canapa del Sud, è stata la Kompolti, coltivata in territorio campano), mentre nelle tabelle 2 e 3 vengono riportati rispettivamente il profilo terpenico e quello polifenolico:

 
 
 
 

Preso atto di quanto emerso dalle indagini preliminari della biomassa, cui si sono aggiunti i risultati ottenuti dalla valutazione delle percentuali di acidi grassi della biomassa stessa (21,8% di acidi grassi monoinsaturi, MUFA; 48,8% di acidi grassi polinsaturi, PUFA, e più nello specifico: 34,9% di acido linoleico e 12,6% di acido linolenico) si è provveduto alla somministrazione in vivo di tale integrazione associata alla razione consumata dagli animali durante la mungitura. 

Nello specifico, la sperimentazione è stata portata avanti presso l’azienda agricola Funky Farm, in provincia di Frosinone, dove alcuni soggetti di un gregge di capre camosciate delle alpi sono stati suddivisi in due gruppi omogenei: il gruppo Test (T) ed il gruppo controllo (CTR). Le capre avevano inoltre partorito tutte nella seconda quindicina di febbraio e sono allevate in sistema estensivo, potendo usufruire di un pascolo misto (con varietà botaniche “classiche”, leguminose e graminacee, ed arboree tra cui rovo, leccio, prugno selvatico) con una integrazione composta da avena, orzo e favino in cui è stata miscelata, per quel che riguarda il gruppo T, la biomassa di cannabis.

 

4. L’EFFETTO DELLA CANNABIS SULLA PRODUZIONE DI LATTE

La quantità di latte prodotto è stata valutata su base giornaliera, mentre le analisi chimico-nutrizionali e degli acidi grassi sono state effettuate quattro volte durante il periodo del test (altri prelievi sia quantitativi che qualitativi sono stati effettuati in seguito, e sono attualmente in corso di analisi). 

Da tali analisi sono emersi dei dati interessanti sia per quel che riguarda la quantità prodotta che per il profilo acidico, mentre nessuna concreta variazione si è rilevata da un punto di vista nutrizionale: pare infatti evidente, e si evince dalla tabella 4 e dal grafico successivo, che le capre del gruppo T in seguito ad un primo periodo di adattamento al nuovo alimento hanno mostrato un trend produttivo in salita, rispetto al gruppo CTR che partiva effettivamente da quantità di latte maggiori. 

Tabella 4Latte (g/d)ProteineGrassoLattosio
T2436,253,393,684,91
CTR2076,753,393,634,86

Per quel che riguarda gli acidi grassi, la percentuale di CLA è risultata decisamente maggiore nel gruppo trattato (0,435 vs 0,417), così come l’acido laurico (4,32 vs 4,39) che sebbene sia generalmente identificato come possibile fattore di rischio ateroscletrotico da recenti studi risulta utile nel combattere l’insulinoresistenza e l’obesità. [5] ; [6]

Il rapporto omega6/omega3 è risultato più alto nel gruppo T seppur nel range ritenuto favorevole per la salute umana (3,17 vs 2,93), probabile ripercussione del profilo acidico della biomassa stessa. 

Dal punto di vista parassitologico, non sono state rilevate significative differenze per quel che riguarda la carica di strongili gastrointestinali (SGI) nelle feci dei due gruppi, tuttavia, nell’ambito delle prove in vitro, i cui risultati sono riportati in tabella 6, le uova isolate di SGI sono state trattate con varie concentrazioni di CBD isolato e due derivati di cannabis (Estratto e Distillato, entrambi forniti dal laboratorio di estrazione GIANTEC). 

I risultati sono stati piuttosto evidenti, arrivando in alcuni casi ad inibire la schiusa di 91 uova su 100, un risultato che lascia intendere la possibilità di riscontrare efficacia in vivo, alle giuste concentrazioni di principio attivo. 

 

Concentrazione (mg/mL)CBD isolatoDistillato di cannabisEstratto di cannabis
Solvente: Acqua deionizzata   
0,00189,6 ± 1,184,6 ± 4,986,3 ± 4,9
0,00489 ± 3,689 ± 194,3 ± 3,5
0,01676,3 ± 12,387 ± 6,29,3 ± 2,5
Solvente: DMSO 0,5%   
0,00191,3 ± 7,368,6 ± 4,577 ± 5
0,00486,3 ± 2,878 ± 16,483,6 ± 14
0,01667,6 ± 12,772,3 ± 13,516,6 ± 2

TBZ (Cont. Negativo)

Acqua deionizzata (Cont. Positivo)

DMSO 0,5% (Cont. Positivo)

96,6 ± 2,5

4,3 ± 1,5

4 ± 1

98 ± 1

5,3 ± 3,5

23,3 ± 11

97,6 ± 1,1

10 ± 3,6

10,6 ± 1,5

 

5. CONCLUSIONI

In conclusione, dai risultati della ricerca pare che la cannabis possa effettivamente avere un ruolo di primo piano nell’alimentazione degli animali da reddito e che possa essere sfruttata come valido aiuto dalle aziende interessate a diminuire l’input di prodotti di sintesi volti sia a migliorare le produzioni di latte (quanti-qualitative) che la salute dei propri soggetti. Senza alcun dubbio questa prima ricerca non ha fatto altro che aprire le porte di un mondo ancora da scoprire e che non si limita di certo al CBD od ai cannabinoidi, ma si arricchisce anche degli altri componenti funzionali della pianta di cannabis, terpeni e flavonoidi, troppo a lungo sottovalutati.

 

6. RINGRAZIAMENTI

Ai fini dello svolgimento della ricerca è stato fondamentale l’aiuto della dottoressa Fiorella Sarubbi e delle dottoresse Paola Vitiello e Federica Di Bennardo.

 

7. OPPORTUNITÀ FORMATIVE

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REFERENZE

  1. Lutz B, Marsicano G, Maldonado R, Hillard CJ.
    The endocannabinoid system in guarding against fear, anxiety and stress.
    Nat Rev Neurosci. 2015 Dec;16(12):705-18.[]
  2. Zoidis, Evangelos & Poulopoulou, Ioanna & Tsoufi, Vasiliki & Massouras, Theofilos & Hadjigeorgiou, Ioannis. (2018).
    Effects of terpene administration on goats’ milk fatty acid profile and coagulation properties.
    International Journal of Dairy Technology.[]
  3. Christine S. Evans
    J.B. HARBORNE, 1 – General Procedures and Measurement of Total Phenolics, Editor(s): J.B. HARBORNE, Methods in Plant Biochemistry.
    Academic Press, Volume 1, 1989, Pages 1-28,[]
  4. G. Tornambé, A. Cornu, I. Verdier-Metz, P. Pradel, N. Kondjoyan, G. Figueredo, S. Hulin, B. Martin.
    Addition of Pasture Plant Essential Oil in Milk: Influence on Chemical and Sensory Properties of Milk and Cheese.
    Journal of Dairy Science, Volume 91, Issue 1, 2008[]
  5. Tham, Yong Yao, Choo, Quok Cheong, Muhammad, Tengku Sifzizul Tengku, Chew, Choy Hoong.
    Lauric acid alleviates insulin resistance by improving mitochondrial biogenesis in THP-1 macrophages.
    Mol Biol Rep. 2020 Dec;47(12):9595-9607.[]
  6. Verma P, Ghosh A, Ray M, Sarkar S.
    Lauric Acid Modulates Cancer-Associated microRNA Expression and Inhibits the Growth of the Cancer Cell.
    Anticancer Agents Med Chem. 2020;20(7):834-844.[]
Autore
Fabio Turco
Neurogastrocannabinologo - Chimico Farmaceutico

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