1. Cos’è la fibromialgia
La fibromialgia o sindrome fibromialgica (FMS, dall’inglese fibromyalgia syndrome) è una patologia cronica caratterizzata da: [1]
- dolore muscolo-scheletrico diffuso,
- disturbi del sonno,
- fatica cronica,
- alterazioni neurocognitive,
- molti altri sintomi, come i disturbi dell’umore o le sindromi dolorose locoregionali.
Questa condizione può manifestarsi a qualunque età, anche se è più spesso diagnosticata nella terza/quarta/quinta decade di vita, interessando prevalentemente il sesso femminile (rapporto F/M da 2 a 10:1, secondo i criteri diagnostici utilizzati). [2] [3]
Si stimano approssimativamente 1.5-2 milioni di persone affette da FMS solo in Italia.
2. Come si fa diagnosi di sindrome fibromialgica?
La FMS ha un andamento cronico; ciò significa che è possibile fare diagnosi solo se i sintomi sono presenti con la stessa intensità da almeno tre mesi, e che essi possono persistere anche tutta la vita, ma non sempre con la stessa intensità o lo stesso livello di gravità: ci possono essere riacutizzazioni della sintomatologia più o meno ricorrenti, e questo spesso rende difficile la diagnosi.
Riconoscere e diagnosticare la FMS è complesso e richiede una figura clinicamente esperta. Per la sua diagnosi, infatti, non esiste un biomarcatore e i criteri diagnostici comprendono una serie di sintomi comuni anche ad altre malattie.
I criteri dell’American College of Rheumatology del 2010 (revisionati nel 2011) sono tuttora i più utilizzati, e comprendono un punteggio calcolato tra: [4]
- il WPI o indice di dolore diffuso: in quante aree il paziente ha avuto dolore,
- la SSS o scala di severità dei sintomi: comprende lo svegliarsi non riposati, l’astenia, i disturbi cognitivi, la cefalea, i dolori addominali, la depressione.
I criteri più recenti hanno anche sottolineato come la FMS non sia una diagnosi di esclusione, lasciando spazio al fatto che possa effettivamente sovrapporsi, in un primo o un secondo momento, ad altre patologie.
3. Qual è la causa della sindrome fibromialgica?
Quello che è sempre più evidente è che la FMS non possa manifestarsi per una sola causa. Un ruolo fondamentale è giocato dalla predisposizione genetica, riscontrato sia negli studi sulla famigliarità (è più probabile che le persone affette da FMS siano parenti di persone affette da FMS) sia in quelli sui geni (i fibromialgici hanno spesso varianti genetiche legate al sistema nocicettivo).
Esiste però un’interazione rilevante tra fattori genetici, fattori ambientali (malattie infettive o di altra natura; traumi di natura psichica, fisica, sessuale ecc.), aspetti psicologici (ansia, depressione, disturbo post-traumatico da stress, ecc.) e predisposizione individuale legata alla resilienza. [5] [6]
Tutto questo è in grado di causare modificazioni al sistema nervoso, al sistema neuroendocrino e a quello autonomico, che portano ad un’alterata soglia della percezione del dolore, dando luogo al cosiddetto dolore nociplastico.
Il dolore nociplastico avviene infatti quando una o più componenti delle vie del dolore si modificano tramite cambiamenti non strutturali ma funzionali. Questo significa che, anche se non viene riconosciuto un “danno” vero e proprio alla struttura nervosa, essa non funziona più come dovrebbe, per via di cambiamenti a livello dei neurotrasmettitori, delle connessioni tra i neuroni, della neuroinfiammazione, ecc… [7]
La conseguenza è che tutto il sistema di controllo che normalmente modula le sensazioni provenienti dall’esterno, stabilendo di volta in volta quali debbano essere interpretate come dolorosi e quali no, si altera, diventando più sensibile: di conseguenza, uno stimolo che dovrebbe essere percepito come semplice pressione, viene percepito come uno stimolo doloroso. Il dolore nociplastico diventa non più solo un sintomo, ma una vera e propria malattia in sé e per sé. [8]
Queste alterazioni possono manifestarsi in persone precedentemente “sane” (la cosiddetta fibromialgia primaria) o in persone con una precedente diagnosi di malattia dolorosa cronica (frequentemente, artriti ed altre patologie reumatiche; la cosiddetta fibromialgia secondaria).
4. Qual è il trattamento della sindrome fibromialgica?
La FMS, come ogni patologia cronica, richiede di un trattamento continuo, che non pretende di essere una cura, ma che consenta di arginare ragionevolmente la portata dei sintomi e il loro impatto sulla qualità della vita.
Il trattamento della FMS deve essere multidisciplinare ed organizzato su più livelli. [9]
L’educazione alla patologia, l’attività fisica e la nutrizione ne sono la base.
I farmaci sono importanti per un corretto controllo della sintomatologia; per il dolore fibromialgico, e per aiutare il sonno, si prediligono farmaci che sono in grado di agire sui meccanismi che innescano e mantengono il dolore nel sistema nervoso centrale, come ad esempio:
- antidepressivi,
- antiepilettici,
- miorilassanti.
I farmaci, però, da soli non sono sufficienti; infatti, ogni paziente deve essere esortato a trovare la propria dimensione terapeutica in termini complementari, identificando con questo termine tutti quegli approcci che sono in grado di affiancare, senza sostituire, le terapie farmacologiche convenzionali, servendo da appoggio.
In questo gruppo ritroviamo per esempio:
- l’agopuntura,
- la spa-terapia,
- le tecniche mente-corpo,
- altre tecniche simili.
Il supporto psicologico, infine, è chiave in ogni patologia cronica dolorosa, soprattutto nella FMS, dove la componente psicoaffettiva e cognitiva è sostanziale nel meccanismo eziopatogenetico.
È evidente dunque come l’approccio debba essere integrato e multidisciplinare, nonché personalizzato in base alle necessità del singolo paziente. È necessario infatti considerare la variabilità dei sintomi della FMS nelle diverse persone; per questo, la terapia non può che essere individualizzata, e deve rappresentare un processo in continuo divenire.
5. L’utilizzo della cannabis nella sindrome fibromialgica
La difficoltà nella diagnosi e nella determinazione della patogenesi della sindrome fibromialgica hanno come conseguenza il problema della strategia terapeutica. La manifestazione della FMS è inoltre diversa nei vari pazienti e anche nel singolo paziente non è mai costante nel tempo; non sempre il dolore cronico è la causa principale del peggioramento della qualità della vita, ma in alcune persone possono esserlo le alterazioni del sonno e l’astenia.
Infine, le armi terapeutiche di cui il medico dispone funzionano poco: ad oggi, nella maggior parte degli studi clinici vi è un risultato soddisfacente in circa il 30% dei soggetti.
Negli ultimi anni è stata data una sempre maggiore rilevanza al possibile utilizzo della Cannabis Medica nel dolore cronico e nella FMS. Anche se la Cannabis Sativa L. mostra diverse attività farmacologiche interessanti per il trattamento di questa sindrome, tra cui quella analgesica, antinfiammatoria, neuroprotettiva e immunomodulante, il ruolo del Sistema Endocannabinoide nella patogenesi della FMS rimane non chiarito.
Studi preclinici non hanno reso dati sufficienti, principalmente perché non esiste un modello animale per la FMS; uno studio molto recente ha dimostrato che la somministrazione sia orale che spinale di olio di cannabis con bassa quantità di tetraidrocannabinolo (THC) ha migliorato l’iperalgesia meccanica e la sensibilità termica indotta dalla reserpina negli animali da laboratorio [10].
Studi genetici che analizzano il profilo di espressione dell’intero genoma (genome-wide) dei pazienti con FMS non hanno riportato alcuna alterazione all’interno del Sistema Endocannabinoide. [11]
Uno studio del 2012 ha rilevato una variante del gene che decodifica il recettore CB1 (CNR1) in una coorte di pazienti con FMS, ma il risultato non è stato replicato. [12]
Inoltre, anche se era stato ipotizzato che la FMS potesse essere una patologia da deficit di endocannabinoidi, studi recenti hanno evidenziato un aumento degli endocannabinoidi (in particolare, anandamide e 2-AG) e delle N-aciletanolammine, composti strutturalmente correlati agli endocannabinoidi, forse per compensare lo stato infiammatorio cronico della patologia. [13] [14]
Al momento, sono studiati sia gli effetti della cannabis come fitofarmaco (ovvero utilizzando la pianta in toto) sia quelli dei cannabinoidi isolati, ovvero THC e cannabidiolo (CBD) (da soli o in combinazione) nella FMS.
5.1 Gli studi con THC e CBD
I cannabinoidi possono essere sia sintetizzati in laboratorio, sia estratti dalle infiorescenze essiccate della pianta. Bisogna dunque saper distinguere le due cose ed i risultati che ci portano gli studi riguardo a questi due preparati.
Per quanto riguarda i cannabinoidi isolati, le prove di efficacia sono contraddittorie. Nel 2016 una revisione sistematica comprendeva due studi controllati e randomizzati (RCT), uno controllato con placebo e l’altro con amitriptilina. [15]
Nel RCT con placebo, il nabilone, un cannabinoide sintetico equivalente al THC, è stato auto-somministrato con dosaggio di 0,5 mg al giorno, successivamente aumentato a 1 mg + 0,5 mg. I punteggi relativi al dolore, alla qualità della vita e all’ansia erano tutti significativamente più bassi dopo 4 settimane di trattamento con nabilone. Il gruppo di controllo con placebo non ha mostrato miglioramenti significativi.
Nell’altro studio, non è stata sottolineata differenza tra il nabilone e l’amitriptilina (un antidepressivo) in tutti i parametri relativi alla FMS. La revisione sistematica ha concluso che non vi sono evidenze convincenti che dimostrino che il nabilone sia utile per trattare i pazienti con FMS, principalmente perché gli studi non erano di alta qualità.
L’efficacia del dronabinolo, altra forma sintetica di THC, è stata valutata in pazienti con FMS e dolore neuropatico (una dose giornaliera media di 7,5 mg per una durata media del trattamento di 217 giorni). [16] I risultati hanno mostrato una riduzione significativa dell’intensità del dolore e della depressione, quindi un miglioramento della qualità della vita, ma solo nei pazienti in grado di tollerare la terapia (il tasso di abbandono era di circa il 25%).
5.2 Gli studi con la Cannabis Medica
L’attenzione della comunità scientifica sulla Cannabis Medica (come fitofarmaco) è stata inizialmente attirata da sondaggi sui pazienti che hanno evidenziato l’efficacia della cannabis nella FMS. Tuttavia, gli studi randomizzati sono rari.
Un piccolo studio clinico (su 17 donne) pubblicato nel 2020, in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo è stato condotto per otto settimane per determinare i benefici di un olio di cannabis ricco in THC. [17] Gli autori hanno concluso che i fitocannabinoidi possono essere una terapia a basso costo e ben tollerata per ridurre i sintomi e aumentare la qualità della vita dei pazienti con FMS.
La maggior parte degli studi sulla Cannabis Medica nei pazienti con FMS sono spontanei e osservazionali. Uno dei primi studi osservazionali più importanti, della durata di 6 mesi su 367 pazienti con FMS, i quali hanno usato diverse preparazioni di Cannabis Medica (varietà con contenuto variabile di THC e CBD, con diverse modalità di somministrazione), ha mostrato una riduzione dell’intensità media del dolore da 9 a 5 (su una scala da 0 a 10). [18] Gli effetti collaterali più frequenti sono stati:
- vertigini (7.9%),
- secchezza delle fauci (6.7%),
- sintomi gastrointestinali (5.4%).
In questo studio sono state indagate in particolare le caratteristiche associate all’esito del trattamento: esito positivo per presenza di spasticità o uso precedente di cannabis; esito negativo per età >60 anni e preoccupazioni riguardo all’utilizzo della cannabis come farmaco.
5.3 Uno studio italiano
La nostra esperienza ha coinvolto 102 pazienti arruolati nell’ambulatorio dell’Ospedale Sacco di Milano, affetti da FMS con dolore persistente nonostante la terapia analgesica di base (VAS dolore >4). [19] Questi venivano trattati con due estratti di Cannabis Medica diluiti in olio: Bedrocan (22% THC, <1% CBD) e Bediol (6,3% THC, 8% CBD), somministrati in proporzione variabile a seconda delle esigenze del paziente.
Il tasso di ritenzione (non abbandono della terapia, ndr) di 6 mesi è stato del 64%. Un significativo (>30%) miglioramento del sonno (scala PSQI) e della qualità della vita correlata alla malattia (scala FIQR) è stato osservato rispettivamente nel 44% e nel 33% dei pazienti. Il 50% ha mostrato un moderato miglioramento (<30%) nelle scale di ansia e depressione. Il trattamento analgesico concomitante, tra cui in particolare quello con oppiacei, è stato ridotto o sospeso nel 47% dei pazienti. Un terzo ha manifestato eventi avversi lievi, che non hanno causato modifiche significative al trattamento.
A corollario di questi dati, uno studio recente (con follow-up di 12 mesi di più di 300 pazienti) ha provato ad elucidare i potenziali meccanismi di azione alla base della riduzione del dolore tra i pazienti affetti da FMS che utilizzano Cannabis Medica. In particolare, è stato riscontrato che la riduzione dell’intensità del dolore era in parte spiegata da riduzioni concomitanti dei problemi del sonno e degli aspetti psicologici negativi, anche tenendo conto delle caratteristiche di base dei pazienti o dei cambiamenti nell’assunzione della cannabis nel tempo. [20] Tuttavia, l’altissima percentuale di dropout (>70%) rende questi dati interpretabili solo parzialmente.
6. Conclusioni e prospettive
Dagli studi riportati si evince che il trattamento con Cannabis Medica può essere utile nel trattamento della FMS.
In particolare, sembra che i composti ricchi in THC diano risultati promettenti per il dolore e i disturbi del sonno associati alla FMS. L’efficacia del CBD ha prove scientifiche limitate, anche se sondaggi naturalistici (cioè effettuati in un campione della popolazione clinica) sottolineano che molti pazienti affetti da FMS ne traggono beneficio per vari sintomi, e questo può essere spiegato dal suo importante effetto ansiolitico ed antinfiammatorio. [21] [22]
Vi sono delle importanti considerazioni da fare al fine di trarre conclusioni significative per la pratica clinica.
In primo luogo, molti studi, in particolare quelli randomizzati, hanno una dimensione ridotta del campione; perciò, i risultati statisticamente significativi riportati potrebbero non rappresentare con precisione il vero effetto del farmaco. Pertanto, sarebbe utile effettuare studi più ampi.
D’altra parte, gli studi osservazionali riportano un numero considerevolmente più alto di pazienti di un setting clinico reale, il che rende i risultati con una grande validità esterna. Un esempio è l’UK Medical Cannabis Registry [23]. Ciò è in linea con vari studi che mostrano come le Real World Evidences (o dati basati su esperienze reali e non cliniche, con esiti riferiti dai pazienti) possano essere uno strumento che meglio analizza l’impatto della Cannabis Medica sulla qualità della vita dei pazienti. [24] [25] [26]
Uno degli aspetti più importanti da considerare per l’utilizzo della Cannabis Medica per la FMS sono i predittori della risposta clinica, che sono stati sia sottolineati da studi pubblicati, sia dalla pratica clinica personale. [27]
) Infatti, primariamente, i pregiudizi sulla cannabis e l’età (dunque, sostanzialmente, gli anni dalla diagnosi) sono i principali predittori di mancata efficacia, anche se uno studio molto recente ha evidenziato che la Cannabis Medica potrebbe essere più utile per i pazienti resistenti al trattamento usuale. [24] Nella pratica clinica, si è notata una buona efficacia per i pazienti con comorbidità importanti con patologie dolorose croniche severe, tra cui l’emicrania cronica.
È dunque fondamentale considerare caso per caso i trattamenti con Cannabis Medica nella FMS, sottolineando anche in questo caso l’importanza di una terapia ritagliata “su misura” per il paziente, che è la base imprescindibile di un approccio efficace al dolore cronico.
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