L’influenza della cannabis e del sistema endocannabinoide sul ciclo sonno-veglia

Trascorriamo circa il 25% della nostra vita nelle braccia di Morfeo. Alcuni, presi dalla frenesia delle attività quotidiane, considerano il sonno come un fastidioso inconveniente, ma il dormire è una vera e propria attività, fondamentale per il benessere psico-fisico di ogni individuo. L’alternarsi di periodi di sonno e di veglia è sotto il controllo di vari sistemi neurobiologici, tra cui anche il sistema endocannabinoide. Agendo su di esso si può modulare il ciclo sonno-veglia. Tuttavia, gli effetti della cannabis e dei suoi componenti sul sonno e l’insonnia sono molto variegati.

 

INDICE

1. L’IMPORTANZA DEL SONNO

Troppo spesso l’unica via d’uscita è dormire. Così recitava Charles Bukowski in una sua poesia (che si trova nella raccolta La canzone dei folli). 

Senza essere così drastici, il sonno è una delle attività fondamentali di ogni essere vivente. Non c’è animale che non dorma. Si va dal record di sonno dei koala, simpatici animali che riescono a dormire anche 22 ore al giorno, a quello opposto della Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta che condivide con l’uomo circa l’80% del suo genoma e che sembra dormire solo pochi minuti al giorno. Strano ma vero, anche le meduse dormono, nonostante non abbiano un vero e proprio cervello ma solo un sistema nervoso diffuso. Persino i batteri regolano la propria attività in cicli dipendenti dalla luce, anche se per loro non si può parlare di vero e proprio sonno, così come avviene per le piante.

Perché si dorme, qual è il ruolo del sonno nella vita umana e animale?

A questa domanda gli scienziati non sono ancora stati in grado di dare una risposta univoca, ma solo varie ipotesi più o meno valide. Alcuni ritengono che dormire serva a “sfoltire” le connessioni nervose, eliminando quelle non necessarie; altri pensano che il sonno serva a rafforzare la memoria, attraverso una rielaborazione delle esperienze vissute durante la veglia; c’è chi pensa che dormendo l’ambiente cerebrale si “ripulisca” da sostanze potenzialmente tossiche, chi ritiene che serva per recuperare energia e chi, infine, pensa che il sonno non serva a niente di essenziale se non a far riposare il corpo. Probabilmente dormire serve a tutto ciò o ad altro ancora da scoprire.

Ciò che è certo è che l’alternarsi del sonno e della veglia dipende dal cosiddetto ritmo circadiano.

2. RITMI CIRCADIANI

Il ritmo circadiano -presente sia nei procarioti che negli eucarioti- è la variazione periodica delle attività dell’organismo nelle 24 ore. Il termine deriva dal latino circa diem, che sta per “intorno al giorno”. Potrebbe essere paragonato ad un vero e proprio orologio interno che ogni giorno regola ciclicamente alcune attività essenziali per l’organismo, come:

  • secrezione ormonale;
  • rigenerazione cellulare;
  • temperatura corporea;
  • pressione sanguigna;
  • ciclo sonno-veglia.

Le sedi anatomiche principali di controllo dei ritmi circadiani, detti oscillatori interni o peacemaker si trovano nel fegato e in una regione del cervello, il nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo.

Il ritmo circadiano è influenzato sia da stimoli endogeni che esogeni, che potremmo paragonare a dei metronomi che “tengono il tempo” dell’organismo.

Gli stimoli interni sono rappresentati da varie molecole, come ad esempio quella codificata dal gene PER: questa proteina è prodotta solo di notte, entra nel nucleo delle cellule e inibisce la sua stessa produzione, così che durante il giorno non viene sintetizzata; in questo modo le cellule “capiscono” che si passa dalla luce al buio e viceversa.

Gli stimoli esterni che ogni giorno dettano i ritmi e resettano l’orologio biologico sono detti Zeitgebers (dal tedesco, “che danno il tempo”) e sono rappresentati principalmente (ma non solo) da:

  • alternanza luce-buio;
  • temperatura dell’ambiente;
  • esigenze sociali (ad esempio mangiare in famiglia sempre alla stessa ora).

Se non ci sono gli Zeitgebers, in particolare la luce che è il fattore più incisivo, i ritmi circadiani sono comunque presenti ma la loro durata varia. Ad esempio, uomini che hanno spontaneamente deciso di vivere in grotte buie, hanno un ciclo sonno-veglia di 36 ore.

3. IL CICLO SONNO-VEGLIA

Il ciclo sonno-veglia è l’alternarsi di periodi di sonno e di veglia; questo processo complesso comprende almeno 3 stadi:

1) veglia: stadio caratterizzato da diversi livelli di attenzione e attività, a seconda del comportamento che il soggetto sta eseguendo. L’attività elettrofisiologica generale del cervello in questa fase è caratterizzata principalmente da onde β (13,5-20Hz), che diventano α (8-13Hz) quando si chiudono gli occhi. In questa fase, il soggetto è consapevole di ciò che sta pensando, di quale emozione sta provando, quali sensazioni sta percependo e di ciò che lo circonda. La fase di veglia è modulata da neuroni situati principalmente nell’ipotalamo laterale e posteriore, che sintetizzano vari neurotrasmettitori, come le oressine/ipocretine e l’istamina, e da neuroni del tronco encefalico che sintetizzano noradrenalina (Locus coeruleus), serotonina (nucleo dorsale del rafe) e acetilcolina (nucleo tegmentale pontino del peduncolo).

2) fase non-REM: stadio che occupa circa il 75% del sonno totale, in cui non sono presenti movimenti oculari rapidi (rapid-eye-movement, REM). Chiamato anche sonno ad onde lente, durante questa fase avviene principalmente il consolidamento della memoria dichiarativa (il ricordo consapevole). Il sonno non-REM è promosso dall’ipotalamo anteriore; il GABA è un importante neurotrasmettitore inibitorio, mentre l’adenosina e la prostaglandina PGD2 partecipano alla sua regolazione. Si compone a sua volta di 4 fasi: 

  • stadio 1, o dell’addormentamento, caratterizzato dalla presenza di onde α; 
  • stadio 2, o del sonno leggero, caratterizzato da onde θ (4-7,5 Hz) e da altri tipi di onde -bifasiche e fusi del sonno- che servono ad abbassare l’eccitazione corticale del cervello e ad inibire l’elaborazione di informazioni non necessarie; 
  • stadio 3, o del sonno profondo, caratterizzato da onde θ e onde δ (0,1-3 Hz) e dall’assenza di sogni;
  • stadio 4, o del sonno profondo effettivo, in cui le onde θ vengono completamente sostituite da quelle δ, responsabili del rilassamento più profondo e dell’attività della mente inconscia.

3) fase REM: definita anche fase del sonno paradosso in quanto nonostante si dorma, l’attività cerebrale è molto intensa e si ha un’alternanza di onde alfa, beta e teta. Questa è la fase in cui si sogna e si ha un aumento graduale del flusso sanguigno, della respirazione e dell’attività cerebrale e una paralisi della muscolatura di braccia e gambe. Il sonno REM è promosso principalmente dai nuclei situati nel tronco encefalico e da neurotrasmettitori, come l’acetilcolina e il glutammato e da neuropeptidi, come l’ormone di concentrazione della melanina (MCH).

Le fasi REM e non-REM si alternano ciclicamente 4-5 volte nel corso della notte, per una durata complessiva di circa un’ora e mezza.

Il ciclo sonno-veglia è controllato dai ritmi circadiani, che regolano la durata temporale dei due stati e dall’omeostasi dell’organismo, in modo che la quantità di sonno sia proporzionata al periodo di veglia che lo precede.

Il periodo in cui si dorme o si è svegli dipende dalla quantità di luce che colpisce la retina: qui sono presenti non solo i fotorecettori che elaborano le immagini visive, ma anche delle cellule ganglionari che informano il cervello sulla quantità di luce presente. In maniera semplicistica, la diminuzione della quantità di luce stimola la ghiandola pineale a produrre melatonina, la quale a sua volta favorisce il sonno.

Di norma si consiglia di dormire almeno 8 ore al giorno, ma la quantità di sonno necessaria ad ogni individuo non è sempre fissa, dipende dalle diverse esigenze dell’organismo e della vita sociale. Anche se ciò è vero, in qualsiasi individuo l’alterazione del normale ciclo sonno-veglia e le problematiche relative al sonno possono incidere in maniera molto negativa sulla qualità della vita.

4. DISTURBI DEL SONNO

Le varie alterazioni del normale ciclo sonno-veglia possono essere raggruppate in due tipologie principali:

  • alterazioni transitorie;
  • alterazioni persistenti.

Le alterazioni transitorie dipendono da variazioni delle proprie abitudini e includono:

  • sindrome da jet-lag: si avverte quando si superano più di due fusi orari; è caratterizzata da difficoltà di addormentamento, sonno frammentato, risveglio anticipato e sonnolenza diurna;
  • sindrome da turnismo, che interessa chi è impegnato in turni di lavoro notturno.

Le alterazioni persistenti si dividono in 4 grandi categorie:

  • dissonnie: caratterizzatie dalla presenza di anomalie nella quantità, nella qualità o nel ritmo del sonno, comprendono l’insonnia nelle sue varie forme, l’alterata percezione dello stato di sonno (il paziente lamenta insonnia, ma, di fatto, quando si monitora il sonno risulta normale), l’ipersonnia (eccessivo stato di sonno del soggetto), la narcolessia (una patologia neurologica caratterizzata da ipersonnia e, talvolta, cataplessia), la sindrome delle apnee ostruttive notturne, la sindrome delle gambe senza riposo (disturbo neurologico caratterizzato da contrazioni notturne delle gambe, irrequietezza motoria, movimenti incontrollati delle gambe, necessità di muovere gli arti inferiori)
  • parasonnie: quando si è in presenza di comportamenti anomali o eventi fisiopatologici durante il sonno, come ad esempio il disturbo comportamentale del sonno REM, il disturbo da incubi (continuo manifestarsi di sogni terrificanti che causano il risveglio), il disturbo da terrore notturno (o pavor nocturnus, che interessa l’ambito pediatrico), il sonnambulismo, i sussulti nel sonno (scosse improvvise e brevi degli arti inferiori e talvolta dell’intero corpo, associate spesso alla sensazione di cadere), il sonniloquio (o il “parlare nel sonno”,  sembra correlato a stress emotivi, febbre o anche a depressione, ma può presentarsi anche in soggetti sani), il bruxismo (il digrignare i denti in modo inconsapevole), enuresi notturna (incapacità di controllare la propria vescica, tipico dei bambini);
  • disturbi del sonno associati a malattie mediche o psichiatriche: disturbi che accompagnano patologie neurologiche anche piuttosto gravi, come l’insonnia fatale familiare, una patologia molto rara che ha spesso un esito letale;
  • disturbi del sonno “proposti”: disturbi che risultano non classificabili nelle altre categorie, come le allucinazioni ipnagogiche (allucinazioni che si verificano durante la fase di addormentamento), il laringospasmo nel sonno (brusco risveglio associato alla sensazione di essere incapaci di respirare), il mioclono frammentario (movimenti involontari di alcuni muscoli, durante il sonno non-REM), la sindrome da soffocamento nel sonno (sensazione di soffocare nel sonno), la sindrome della sub-vigilanza (incapacità a mantenere lo stato vigile da svegli) e la tachipnea neurogenica (aumento della frequenza respiratoria quando si dorme).

5. IL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE NEL CICLO SONNO-VEGLIA

Già nei testi antichi, dall’imperatore Shen Nong a Plinio il Vecchio, l’effetto sedativo indotto dalla cannabis era ben conosciuto. I primi studi scientifici, che hanno confermano quanto notato e riportato nei testi più antichi, risalgono alla metà dell’‘800. [1] ;  [2] [3] 

In tempi più recenti, varie ricerche hanno mostrato come il Sistema Endocannabinoide sia implicato nella regolazione dei ritmi circadiani e del ciclo sonno-veglia. 

Uno studio del 2001 ha rivelato che somministrando tetraidrocannabinolo (THC) si aumenta la temperatura del cervello nei ratti, mantenendo la fluttuazione circadiana, mentre durante il periodo di astinenza si ha un’inversione del ritmo circadiano della temperatura. [4] Questo lavoro è stato il primo a mostrare che i componenti del sistema endocannabinoide sono regolati dai ritmi circadiani o che, in alcuni casi, si comportano essi stessi da Zeitgebers.

L’espressione dei recettori CB1 è infatti massima di giorno e minima di notte. [5] I recettori CB2 non sembrano essere sotto l’influenza circadiana. I livelli dei 2 endocannabinoidi principali, l’anandamide e il 2-arachidonoilglicerolo (2-AG), variano all’alternarsi del giorno e della notte: mentre i livelli di anandamide sono più alti con il buio, quelli di 2-AG aumentano durante la fase di luce. [6] ; [7] Anche la concentrazione degli enzimi che degradano gli endocannabinoidi (FAAH, MAGL e DAGL) fluttua durante il giorno, così come quella di alcuni composti simil-cannabinoidi come la palmitoiletanolamide (PEA) e l’oleoiletanolamide (OEA). [8]

L’influenza reciproca del Sistema Endocannabinoide sui ritmi circadiani non è però univoca e dipende molto dal modello sperimentale utilizzato. Neanche il contributo dei singoli componenti del Sistema Endocannabinoide sul ciclo sonno-veglia può essere stabilito in modo inequivocabile, a causa dei dati contrastanti presenti in letteratura. 

Quello che appare chiaro è che l’azione modulante del ciclo sonno-veglia esercitata dai cannabinoidi si esplica principalmente attraverso l’azione sui recettori CB1, mentre i CB2 sembrano non essere coinvolti, anche se non si può escludere un’azione su altri componenti del Sistema Endocannabinoide. In seguito all’attivazione dei CB1 centrali localizzati prevalentemente a livello presinaptico -da parte di endo- o fito-cannabinoidi- si ha una riduzione del rilascio di vari neurotrasmettitori che indurrebbe una riduzione dell’attività neuronale, attraverso un blocco dell’azione eccitatoria o un aumento del tono inibitorio, come accade per la maggior parte dei composti ad azione ipno-inducente (alcol, benzodiazepine, ecc…).

In generale, considerando i dati disponibili, si ritiene che somministrando gli endocannabinoidi anandamide e 2-AG, così come inibendo gli enzimi che li degradano, si abbia un’induzione del sonno, in particolare quello non-REM. In contrasto, i simil-endocannabinoidi come l’OEA e la PEA sembrano promuovere lo stadio di veglia, riducendo potenzialmente l’attività delle cellule nell’ipotalamo laterale. [9]

6. GLI EFFETTI DELLA CANNABIS E DEI FITOCANNABINOIDI SUL SONNO E L’INSONNIA

Come detto, l’effetto ipnogeno della cannabis è noto da secoli soprattutto grazie a report di singoli utilizzatori o studiosi che ne descrivono gli effetti. I lavori condotti con metodo scientifico invece sono più recenti. Dopo un periodo di oscurantismo -dagli anni ’70 al 2000- il rinnovato interesse sugli effetti della cannabis sul sonno e insonnia, sembra rispecchiare il clima di maggior apertura generale verso la cannabis e i suoi componenti.

6.1 CANNABIS E THC

I primi studi effettuati sia in modelli animali che su pazienti, indicano che l’utilizzo acuto di cannabis o THC favorisce il sonno. Questo effetto si esplica attraverso: una diminuzione del periodo di latenza dell’inizio del sonno e dello svegliarsi dopo l’inizio del sonno, un aumento del sonno non-REM ed una diminuzione del sonno REM. 

Un’analisi retrospettiva ha mostrato che la cannabis riduce il tempo necessario per addormentarsi di 30 minuti in pazienti con insonnia e di 15 minuti in pazienti senza disturbi del sonno. [10] Sulla scia di questi dati, un sondaggio del 2017 su oltre 1.500 pazienti di un dispensario del New England (USA), ha indicato che circa due terzi dei pazienti hanno diminuito l’uso di farmaci per il sonno a favore dell’uso di Cannabis Terapeutica[11]

Nell’utilizzo cronico gli effetti sembrano essere diversi, fino ad arrivare, in qualche caso, ad un peggioramento del sonno. Un uso prolungato può portare a sviluppare tolleranza verso la cannabis e il THC, con la necessità di aumentare i dosaggi per ottenere l’azione di promozione del sonno. 

Diversi studi indicano che il sonno peggiora durante l’astinenza, dopo l’uso cronico di cannabis: diminuzioni del tempo totale di sonno, dell’efficienza del sonno, del sonno non-REM e REM sono state osservate, durante i periodi di astinenza, in forti consumatori di cannabis; anche la latenza all’inizio del sonno, la veglia dopo il sonno e i movimenti periodici degli arti sembrano aumentati nei consumatori in astinenza. [12] [13]

In che modo la cannabis influenzi il ciclo sonno-veglia non è ancora stato chiarito dagli studiosi. Alcune ricerche suggeriscono che la cannabis può agire centralmente come uno Zeitgeber, modulando e regolando i ritmi biologici per facilitare i periodi di sonno quotidiano. [14] Più che un induttore del sonno, la cannabis agirebbe da facilitatore e quindi potrebbe essere utilizzato come un composto cronobiotico terapeutico per gli individui con ritmi circadiani irregolari, come gli anziani.

6.2 CBD

La maggior parte degli studi sul sonno ha indagato gli effetti della cannabis o del THC, anche se ultimamente qualche studio è stato rivolto anche agli effetti del cannabidiolo (CBD), considerando le sue proprietà ansiolitiche che potrebbero essere utili in caso di disturbi del sonno.

Uno studio britannico del 2004 su volontari sani ha mostrato che mentre una dose di 15 mg di THC aveva un effetto ipno-inducente, la stessa dose di CBD aumentava lo stato di veglia. [15]

In generale, la ricerca suggerisce che basse dosi di CBD sono stimolanti, mentre alte dosi di CBD sono sedative.

Dati interessanti provengono dagli studi che utilizzano THC e CBD in combinazione. Il Sativex (uno spray contenente estratti di THC e CBD) è in grado di migliorare il sonno in pazienti con dolore cronico. [16] Un recente studio clinico controllato che ha valutato gli effetti di 100 mg di CBD o di cannabis a dominanza di CBD, ha mostrato che l’inalazione di quest’ultima induce un aumentato della sonnolenza soggettiva. [17]

Secondo gli autori dello studio, questi effetti potrebbero essere dovuti alla quantità residua di THC nella preparazione (<0.3%), che di solito si trova nelle varietà a dominanza CBD.

Non è ancora chiaro comunque se la somministrazione acuta di questa dose relativamente bassa di THC da sola sia sufficiente a produrre sonnolenza, o se abbia effetti sinergici con il CBD e altri fitocannabinoidi nella varietà di cannabis a dominanza di CBD usata in questo studio.

7. CANNABINOIDI E DISTURBI DEL SONNO

Il ruolo degli endocannabinoidi nel modulare i ritmi circadiani e il ciclo sonno-veglia e gli effetti dei fitocannabinoidi sull’induzione del sonno possono essere sfruttati per trattare alcuni disturbi specifici del sonno.

7.1 CANNABIS E INSONNIA

L’insonnia è definita come insoddisfazione per la quantità o la qualità del sonno, associata a difficoltà ad addormentarsi, difficoltà a mantenere il sonno per tutta la notte e/o a svegliarsi presto al mattino con un’incapacità di tornare a dormire, che causa un disagio significativo o una compromissione delle normali attività quotidiane. Si stima che più del 20% della popolazione mondiale soffra d’insonnia, con punte di oltre il 40% nella popolazione anziana.

I dati scientifici sull’utilizzo dei cannabinoidi della cannabis nell’insonnia sono spesso contrastanti. I report dei singoli pazienti, i sondaggi e le revisioni della letteratura indicano che l’ ”automedicazione” con cannabis, THC o CBD migliora l’insonnia. Gli esperimenti sugli animali e gli studi clinici controllati, d’altro canto, non sembrano mostrare vantaggi significativi nell’utilizzo di cannabis o cannabinoidi. [18]

Nell’insieme, questi risultati spesso divergenti suggeriscono che la concentrazione di cannabinoidi, la dose, e la via di somministrazione possono avere effetti diversi sulla qualità del sonno e sui sintomi dell’insonnia.

7.2 CANNABIS E APNEA OSTRUTTIVA DEL SONNO

L’apnea ostruttiva del sonno (obstructive sleep apnea, OSA) è una sindrome caratterizzata da interruzioni nella respirazione durante il sonno dovute all’ostruzione totale o parziale delle vie aeree superiori.

Una ricerca su animali da laboratorio ha mostrato che l’OSA è diminuita in seguito a somministrazione di THC o del simil-cannabinoide OEA. [19] Nel 2010, uno studio su pazienti ha mostrato che gli endocannabinoidi, in particolare l’OEA, svolgono un’azione protettiva sul cervello dai sintomi dell’OSA. [20] Prendendo spunto da questi dati, i ricercatori dell’Università di Chicago (USA) hanno mostrato che il dronabinol (THC sintetico) è efficace nel ridurre i sintomi in pazienti con OSA, con un dosaggio che va dai 2.5 ai 10 mg al giorno. [21]

Sembra quindi che il THC, in particolare quello sintetico, possa essere utilizzato come rimedio efficace nel ridurre i sintomi dell’OSA.

7.3 CANNABIS E DISTURBO COMPORTAMENTALE DEL SONNO REM

Il disturbo comportamentale del sonno REM è un disturbo in cui gli individui perdono la rigidità muscolare durante il sonno REM e ciò si accompagna ad incubi e si possono mettere in atto comportamenti legati a ciò che si sogna.

Le ricerche riguardanti i cannabinoidi in questo campo sono limitate, tuttavia uno studio del su pazienti affetti da Parkinson ha mostrato che il CBD diminuisce i comportamenti anomali legati al disturbo comportamentale del sonno REM. [22]

7.4 CANNABIS E INCUBI

In molti pazienti gli incubi associati al disturbo post-traumatico da stress (PTSD) sono spesso un sintomo residuo che rimane difficile da trattare, nonostante i miglioramenti in altri ambiti.

Varie ricerche hanno mostrato che sia il THC che il nabilone (THC sintetico) inducono una riduzione della presenza e dell’intensità degli incubi e un aumentato delle ore di sonno per notte nei partecipanti. [23] ; [24]

7.5 CANNABIS E SONNOLENZA DIURNA

L’eccessiva sonnolenza diurna è un sintomo comune caratterizzato dalla voglia di addormentarsi durante le ore di luce del giorno, indotto da una serie di cause che includono l’uso di alcuni farmaci, varie condizioni mediche, condizioni psichiatriche e disturbi del sonno come la narcolessia.

I pochi studi in questo ambito indicano che il THC e l’utilizzo di cannabis peggiorano i sintomi dell’eccessiva sonnolenza diurna. Al contrario, il CBD sembra essere molto utile, considerando che alcuni lavori hanno mostrato che induce un aumento dello stato di veglia ed è in grado di contrastare l’azione sedativa del THC. [25]

8. CANNABIS, INSONNIA E CICLO SONNO-VEGLIA: LE CONCLUSIONI

Che l’utilizzo di cannabis sia associato ad una maggiore sonnolenza è cosa risaputa tra gli utilizzatori – soprattutto non a fini terapeutici-, come mostrato da innumerevoli testimonianze nel corso della storia dell’uomo e di questa pianta.

La ragione di ciò risiede nel fatto che il Sistema Endocannabinoide è coinvolto nella regolazione dei ritmi circadiani e del ciclo-sonno veglia e nei processi neurobiologici del sonno, come mostrato da numerosi studi scientifici. C’è una chiara sovrapposizione tra i componenti endocannabinoidi centrali e i sistemi neuronali implicati nella regolazione del sonno; anche se i meccanismi non sono ben chiari, agendo sul Sistema Endocannabinoide si può alterare il sonno, sia in termini di tempo trascorso in specifici stati di sonno e/o vigilanza, sia in termini di architettura del sonno e di modifica di specifici ritmi cerebrali legati al sonno.

Gli studi scientifici non chiariscono però in maniera univoca in che modo i singoli componenti endocannabinoidi alterino il ciclo-sonno veglia. Ciò probabilmente è dovuto ai diversi approcci sperimentali utilizzati. In generale, si ritiene che gli endocannabinoidi anandamide e 2-AG favoriscano il sonno mentre i simil-cannabinoidi PEA e OEA favoriscano lo stato di veglia.

Anche gli effetti dei fitocannabinoidi e della cannabis non sono del tutto chiariti. La cannabis e il THC hanno un effetto sedativo -i cui meccanismi d’azione si sovrappongono a quelli psicotropi-, facilitano l’addormentamento e probabilmente aumentano la fase di sonno non-REM e diminuiscono quella REM. Quest’ultimo effetto è in linea con numerosi report di singoli utilizzatori che lamentano una diminuzione dei sogni in seguito ad un uso cronico di cannabis; una spiegazione per questo fenomeno ancora non c’è.

Il CBD sembra avere invece un comportamento bifasico: a basse dosi stimola la veglia e diminuisce la sonnolenza diurna, ad alte dosi favorisce il sonno e stabilizza il ciclo sonno-veglia.

Questi dati supportano l’utilizzo di cannabis e THC (anche sintetico) per il trattamento di alcuni disturbi del sonno come l’insonnia e l’apnea ostruttiva del sonno e del CBD per combattere l’eccessiva sonnolenza diurna. Tuttavia, poiché come detto i dati in letteratura sono a volte contrastanti, c’è bisogno di ulteriori studi, soprattutto su pazienti e ad ampia scala, per poter definire chiaramente una “terapia del sonno” utilizzando la cannabis e i suoi componenti.

Molto importante, infine, è la scelta della varietà più adatta alla singola problematica. In alcuni casi, infatti, è necessario una forte predominanza di THC, in altri invece si può sfruttare l’azione singola del CBD o quella sinergistica del THC e del CBD (come avviene per il Sativex), a seconda che si cerca di combattere un’eccessiva o un’inadeguata sonnolenza o un vero e proprio disturbo del sonno documentato.

Autore
Fabio Turco
Neurogastrocannabinologo - Chimico Farmaceutico

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Sistema Endocannabinoide

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