1. CBDV NELLA SINDROME DI RETT
Questo lavoro, frutto della collaborazione tra varie Università italiane e l’azienda britannica GW (tra i più importanti produttori mondiali di farmaci a base di cannabinoidi, ndr), prende spunto da una precedente ricerca pubblicata nel 2018, dove si è dimostrato che la Cannabidivarina migliorava i deficit neurologici e sociali in animali da laboratorio con sindrome di Rett – una malattia neurologica che colpisce bambini entro il quarto anno di vita e comporta gravi ritardi mentali.
Lo studio del 2018 prevedeva l’utilizzo di animali che avevano da poco sviluppato la sintomatologia neurologica e il trattamento con CBDV durava 2 settimane.
Questo nuovo lavoro, invece, si propone di testare l’effetto della Cannabidivarina su animali in cui la sindrome di Rett è sia in fase iniziale che avanzata e il trattamento con Cannabidivarina dura per tutta la vita dell’animale.
Per questo scopo sono stati utilizzati animali da laboratorio modificati geneticamente, (i cosiddetti “knockouts”) in cui manca la proteina MeCP2 -essenziale per il normale funzionamento delle cellule nervose.
2. CBDV: LE DOSI UTILIZZATE NELLO STUDIO
A questi animali sono state somministrate varie dosi giornaliere di Cannabidivarina:
- 0.2 mg/kg/giorno
- 2 mg/kg/giorno
- 20 mg/kg/giorno
- 200 mg/kg/giorno
Durante tutto il trattamento, i deficit mnemonici sono stati valutati con il Novel object recognition test (test del riconoscimento dei nuovi oggetti), in cui viene valutata la capacità dell’animale di riconoscere (e quindi ricordarsi) di un oggetto già visto in precedenza.
I deficit cognitivi sono invece valutati attraverso uno score test (test mediante punteggio), che assegna un punteggio da 0 a 2 all’andatura, al respiro, al tremore, alla mobilità e alle condizioni generali degli arti posteriori (0 per assenza di sintomi, 1 per sintomi presenti, 2 per sintomi severi).
Sono state effettuate anche varie analisi biochimiche per testare i livelli delle proteine cerebrali BDNF e IGF-1, dei loro segnali di trasduzione ed eventuali alterazioni dei componenti del sistema endocannabinoide (misura dei livelli di espressione degli endocannabinoidi, dei loro enzimi di degradazione e dei recettori CB1 e CB2).
3. CONCLUSIONI
Seguendo questo schema di trattamento, la somministrazione cronica di Cannabidivarina è risultata efficace sia nel migliorare i difetti di memoria negli animali da laboratorio, sia nel ritardare la comparsa di difetti neurologici. Inoltre, il trattamento ha anche normalizzato tutti i parametri biochimici che risultavano alterati negli animali modificati geneticamente, come ad esempio l’espressione anomala dei recettori CB1 e CB2.
Anche se questi risultati riguardo l’uso della Cannabidivarina per migliorare deficit neurologici sono promettenti, i ricercatori rimangono piuttosto cauti, poiché il ritardo nella progressione dei difetti neurologici indotto da questo fitocannabionoide è purtroppo transitorio e non viene mantenuto quando la patologia è in uno stadio avanzato. Per questo motivo, concludono gli autori del lavoro, ulteriori approfondimenti sull’efficacia della Cannabidivarina nella sindrome di Rett sono necessari.