Guida al delta-8-THC e al delta-10-THC

La cannabis è una vera e propria “officina farmaceutica”. Oltre a terpeni, flavonoidi e polifenoli, tipici del mondo vegetale, la pianta produce dei componenti specifici: i cannabinoidi, o più propriamente, i fitocannabinoidi.

Il più famoso tra questi -e quello presente in maggior quantità- è sicuramente il delta-9-Tetraidrocannabinolo, conosciuto semplicemente come THC.

Ci sono poi una serie di fitocannabinoidi “minori”. Tra questi troviamo il delta-8-THC e il delta-10-THC, analoghi del più famoso delta-9, ma con differenti proprietà farmacologiche. Andiamo a scoprirle insieme.

INDICE

1. I FITOCANNABINOIDI 

fitocannabinoidi sono una classe di molecole lipofile, prodotte dai tricomi ghiandolari, che ricoprono la superficie della pianta di cannabis. Il termine cannabinoide deriva proprio dalla parola cannabis. Fino a poco tempo fa, si riteneva infatti che questi composti fossero presenti solo nella pianta di Cannabis Sativa L, ma recentemente sono stati identificati in altre specie, come ad esempio [1] :

  • nelle Rhododendron,
  • nel genere Radula, 
  • in alcuni legumi,
  • in alcuni funghi. 

Il prefisso fito (dal greco phytos, cioè pianta) sta ad identificare la loro origine vegetale e serve a differenziarli dai cannabinoidi prodotti dal nostro organismo, definiti endocannabinoidi. 

Dal punto di vista biochimico, i fitocannabinoidi sono classificati come terpenofenoli. Anche se con diverse modalità, i fitocannabinoidi sono composti bioattivi, capaci cioè di interagire con il nostro organismo, in particolare con il Sistema Endocannabinoide, producendo effetti psicotropi e/o terapeutici.

Attualmente, dei circa 550 composti identificati nella cannabis, circa 150 sono fitocannabinoidi. 

Come mai una pianta produce un così grande numero di sostanze farmacologicamente attive?

Lo fa perché servono alla sopravvivenza della pianta stessa! 

Come il nostro organismo produce gli endocannabinoidi per regolare l’omeostasi e quindi sopravvivere ai cambiamenti, così la cannabis produce i fitocannabinoidi per difendersi dalle sostanze esogene e quindi sopravvivere alle avversità.

I fitocannabinoidi servono da difesa contro i pericoli ambientali, come gli insetti, i parassiti e le condizioni climatiche avverse.

I fitocannabinoidi sono sintetizzati nella pianta attraverso varie vie metaboliche. Questi composti derivano tutti da un precursore comune a 21 atomi di carbonio (C), l’acido cannabigerolico (CBGA) o da uno a 19 atomi di C, l’acido cannabigerovarico (CBGVA). 

Partendo da questi precursori, degli enzimi denominati “sintetasi” producono tutti gli altri fitocannabinoidi. Nella pianta, i fitocannabinoidi sono presenti quasi tutti in forma acida (la lettera A alla fine dell’acronimo indica ciò). Successivamente, attraverso un processo definito decarbossilazione -favorito dall’aria e dal calore- perdono una molecola di CO2 e si trasformano nella forma neutra che è più stabile. 

2. DIFFERENZE TRA DELTA-8-THC, DELTA-9-THC E DELTA-10-THC

Il delta-9-tetraidrocannabinolo (Δ-9-THC), o semplicemente THC, è il fitocannabinoide più conosciuto e studiato. Esso è naturalmente presente nella cannabis in concentrazioni che vanno dal 2-5% fino a più del 30%. Il delta-9-THC è il principale responsabile degli effetti psicotropi e antidolorifici della cannabis. 

La cannabis produce anche altri tipi di THC, anche se in quantità molto minori (meno dell’1%), come il delta-8-THC e il delta-10-THC. 

Conosciamo meglio queste molecole.

Entrambi i composti sono isomeri di struttura del delta-9-THC, hanno cioè la stessa formula molecolare (cioè lo stesso numero e tipo di atomi) ma una diversa struttura, cioè una diversa disposizione tridimensionale degli atomi. 

In particolare, ciò che differenzia questi tre composti è la posizione di un doppio legame carbonio-carbonio. Mentre nel delta-9-THC questo doppio legame è presente sul carbonio in posizione 9 della catena carboniosa che forma la molecola, negli altri è presente in posizione 8 oppure 10. 

Anche se questa sembra una differenza da poco, la posizione di questo doppio legame cambia il modo con cui questi composti interagiscono con i recettori del nostro organismo, modificandone l’affinità e quindi l’effetto finale.

3. IL DELTA-8-THC: PROPRIETÀ ED EFFETTI

ll delta-8-THC è stato sintetizzato per la prima volta partendo dal cannabidiolo (CBD) -il secondo cannabinoide più espresso nella cannabis- intorno al 1940, attraverso un processo noto come “ciclizzazione”. Dai primi studi sull’uomo si capì che, come il delta-9-THC, anche il delta-8 era in grado di indurre effetti psicotropi. [2]

Negli anni ‘60, il delta-9-THC fu identificato come il composto responsabile delle proprietà psicotrope e terapeutiche della cannabis, tra cui le alterazioni dell’umore, della percezione e della cognizione e l’effetto antidolorifico. 

Nel 1966, anche il delta-8-THC fu identificato nella cannabis e nei prodotti da essa derivati, come l’hashish, ma in quantità trascurabili. [3] Per questo, le ricerche successive si concentrarono molto di più sul delta-9-THC. 

Il delta-8-THC è stato comunque oggetto di studio nei decenni successivi. Uno dei motivi per cui questo composto è stato studiato è dovuto alla migliore stabilità termodinamica del delta-8-THC rispetto al delta-9, il che lo rende più maneggevole. [4]

Nonostante quasi 80 anni di ricerche, in molti hanno la percezione che il delta-8-THC sia un composto di recente identificazione, probabilmente per la mancanza di clamore che questi studi hanno suscitato rispetto a quelli sul più famoso delta-9-THC.

3.1 IL LEGAME CON I RECETTORI CANNABINOIDI

Il Sistema Endocannabinoide umano contiene due sottotipi di recettori cannabinoidi, 

il CB1 e il CB2. Vari studi clinici hanno dimostrato che gli effetti psicoattivi del delta-9-THC dipendono dai recettori CB1 espressi in varie aree cerebrali.

Dagli studi effettuati soprattutto in vitrosembra che il delta-8-THC abbia una potenza inferiore al

delta-9-THC nei confronti del recettore CB1 umano e una potenza simile rispetto al recettore CB2.

Dal punto di vista ricreativo, poiché i consumatori di cannabis titolano la dose in base all’effetto desiderato, è probabile che nel mondo reale si verifichi un’attivazione equivalente del recettore CB1, sia usando il delta-8 che il delta-9-THC. 

3.2 GLI STUDI SULL’UOMO

Il primo studio sugli effetti del delta-8-THC nell’uomo risale al 1942. [5]

Adams studiò gli effetti del delta-8-THC -derivato dal CBD- assunto per via orale, in un gruppo di 77 soggetti volontari provenienti da una popolazione carceraria. I soggetti iniziarono con una dose di 30 mg e aumentarono la dose con incrementi di 30 mg ogni due giorni. Quando si raggiungeva una dose non tollerata, la dose veniva ridotta a quella tollerabile e l’incremento continuava con 15 mg al giorno. Sebbene non fosse disponibile una moderna scala psicometrica, gli effetti riportati erano notevolmente simili a quelli del delta-9-THC. Gli effetti psicotropi osservati furono: 

– apprensione, 

– euforia, 

– loquacità, 

– ansia,

– riduzione delle inibizioni, 

– fame e sete, 

– sensazione di “sballo”, 

– incapacità di gestire il proprio corpo,

– scoppi incontrollabili di risa o risatine, 

– sonnolenza, 

– languore,

– spossatezza,

– una piacevole sensazione di stanchezza.

Successivamente, il delta-8-THC è stato testato per via endovenosa, inalatoria ed orale.

 

Via endovenosa

Negli anni ’70, uno studio di comparazione tra delta-8 e delta-9-THC, somministrati per via intravenosa, ha dimostrato che entrambi i cannabinoidi hanno effetti qualitativamente molto simili. [6]

Entrambi i fitocannabinoidi provocavano, nei soggetti testati, un significativo aumento della frequenza cardiaca e un aumento significativo degli effetti psicotropi, misurati su una scala analogica visiva (VAS). Entrambi gli effetti risultavano mediati dal CB1. 

Il numero ridotto di soggetti arruolati in questo studio rende impossibile un confronto quantitativo. È comunque da notare che i soggetti hanno riportato un risultato sulla scala VAS di 8/10 dopo aver ricevuto dosi di 6 e 9 mg di delta-8-THC per via endovenosa. Ciò indica che il delta-8-THC ha un effetto soggettivo massimo molto simile a quello del delta-9. Questo dato è coerente con i saggi funzionali in vitro del recettore CB1 umano, che in generale hanno mostrato un effetto massimo simile tra i due cannabinoidi.

 

Via inalatoria

Il primo studio ha confrontato il placebo con il delta-8-THC (10 e 20 mg) e il delta-9-THC (5, 10, e

20 mg). [7] Sia le dosi di 10 mg che quelle di 20 mg di delta-9-THC hanno dato luogo a “valutazioni soggettive più forti riguardo gli effetti psicotropi“, rispetto alla dose equivalente di delta-8-THC. La dose di 10 mg di delta-8-THC ha dato luogo a valutazioni simili rispetto alla dose di 5 mg di delta-9-THC, indicando che il delta-9-THC inalato è circa 2 volte più potente del delta-8. 

Il secondo studio ha valutato una dose di 8,3 mg di Δ8-THC rispetto al placebo e ha riportato un “aumento altamente significativo” della frequenza cardiaca in seguito alla somministrazione di delta-8-THC. [8]

 

Via orale

In uno studio del 1973 (lo stesso che indagava la via endovenosa), una dose orale di 20 mg di delta-9- THC ha provocato effetti soggettivi più forti rispetto a una dose equivalente di delta-8-THC (3,5 contro 2,2 su una valutazione globale da 0 a 10). [9] Tuttavia, una dose più elevata di 40 mg di delta-8-THC ha prodotto un effetto soggettivo più forte rispetto alla dose di 20 mg di entrambe le molecole. Questi risultati indicherebbero che il delta-9-THC è meno potente di due volte rispetto al delta-8-THC.

Un successivo studio del 1984 ha invece riportato risultati opposti. Sia una dose di 50

mg che una di 75 mg di delta-8-THC hanno avuto effetti più deboli rispetto a una dose di 20 mg di delta-9-THC. [10]

La ragione di questa discrepanza non è chiara. Lo studio del 1973 ha utilizzato un disegno crossover (i soggetti non erano separati in gruppi), mentre quello del 1984 ha testato il delta-8 e il delta-9-THC in gruppi separati di soggetti. Entrambi gli studi hanno inoltre utilizzato un numero di soggetti limitato, il che potrebbe produrre risultati spuri, considerando la grande variabilità degli effetti del THC tra i soggetti e persino tra i giorni di test. Non sono stati riportati altri dati sperimentali che potrebbero aiutare nell’interpretazione, come ad esempio se i soggetti sono stati dosati a digiuno o a stomaco pieno.

Un ultimo studio ha testato il delta-8-THC per via orale in otto bambini sottoposti a chemioterapia per valutarne le proprietà antiemetiche. [11] Utilizzando un dosaggio di 18 mg/m2 (equivalente a circa 31 mg in un tipico adulto) si è riusciti a prevenire quasi completamente il vomito. Gli effetti collaterali sono stati osservati in 2 degli 8 soggetti e comprendevano una lieve irritabilità ed euforia.

3.3 LO STATUS SEMILEGALE DEL DELTA-8-THC

Nel 2018, gli Stati Uniti hanno approvato il cosiddetto “Farm Bill”, che ha rimosso la canapa dall’elenco federale delle sostanze controllate, consentendo così la vendita e l’uso commerciale di prodotti derivati dalla canapa. Questa legge specifica, in maniera rigorosa, che la canapa non può contenere più dello 0,3% di delta-9 THC. Il Farm Bill 2018 non affronta specificamente il possesso, l’uso o la vendita di prodotti che possono essere derivati dalla canapa, compresi altri fitocannabinoidi biologicamente attivi, come il delta-8 THC.

Una situazione simile si è venuta a creare con la Legge 242/2016, che regola la produzione di canapa in Italia e con le leggi che hanno aperto alla produzione di canapa nel resto del mondo.

Dato che la legge non punisce esplicitamente il possesso e il consumo del delta-8-THC, negli USA è esplosa la vendita di prodotti che lo contengono, anche se alcuni Stati stanno cominciando a legiferare in merito. 

Negli Stati dove è legale, si è assistito ad una crescita esponenziale della vendita di caramelle, dolci, biscotti, liquidi per sigarette elettroniche ed altri prodotti contenti delta-8-THC. Questi prodotti possono essere confezionati in contenitori dai colori vivaci con personaggi dei cartoni animati, sapori dolci o fruttati e immagini a tema che possono risultare attraenti per i bambini e gli adolescenti. Inoltre, mancando riferimenti legislativi, il loro contenuto non è chiaro e molto spesso differisce da quanto riportato in etichetta.

Questo sta creando delle preoccupazioni sempre più crescenti tra la comunità medica, in particolare quella statunitense.

D’altra parte, questo status semilegale del delta-8-THC, ha fatto si che molti consumatori si avvicinassero a questa sostanza. Secondo report aneddotici, gli effetti psicotropi del delta-8-THC sono minori del delta-9-THC ma questo composto sarebbe in grado di indurre uno stato di rilassatezza mentale migliore del delta-9-THC.

4. IL DELTA-10-THC

Mentre decenni di studi hanno caratterizzato il profilo biochimico e farmacologico del delta-8-THC, in letteratura scientifica c’è poco o niente sul delta-10-THC.

Nel 1984, il gruppo di ricerca del Professor Raphael Mechoulam -a cui si deve l’isolamento e la caratterizzazione del delta-9-THC nella cannabis- pubblica un articolo in cui, attraverso un procedimento chimico noto come “isomerizzazione del doppio legame con catalisi basica”, vengono prodotti nuovi cannabinoidi, tra i quali il delta-10-THC. [12]

Quattro anni dopo, lo stesso gruppo pubblica un lavoro in cui gli effetti di quest’ultimo vengono comparati con il delta-9-THC. [13] Questi effetti vennero testati sui piccioni e si trovò che il delta-10 era meno potente del delta-9 nell’indurre effetti psicotropi.

Da allora, la scienza ha smesso di occuparsi di questa molecola, fino a qualche anno fa, quando un’azienda statunitense ha riportato il delta-10-THC agli onori della cronaca.

4.1 “LA BIZZARRA CRISTALLIZZAZIONE DEL DELTA-10-THC”

Con questo titolo, la rivista statunitense Extraction Magazine, che si occupa di metodiche di estrazione di composti dalle piante, nel 2020 riporta la storia della “rivalutazione” del delta-10-THC.

L’incipit dell’articolo è il seguente: “A volte, a nostra insaputa, accadono cose strane. Forse si tratta di una sola cosa o di una serie di cose apparentemente non correlate. Queste cose possono verificarsi silenziosamente o all’improvviso. A volte gli eventi successivi sono problematici, altre volte sono opportunistici”. 

L’articolo racconta che, qualche anno prima, la Fusion Farms, un’azienda di cannabis californiana, acquistò un lotto di cannabis molto particolare. Mentre le piante erano ancora nel terreno, un pericoloso incendio, come se ne vedono di continuazione il California, stava per devastare il raccolto. Le autorità allora intervennero e gli aerei antincendio gettarono sulla coltivazione grandi quantità di ritardanti di fiamma. L’incendio fu così domato e il raccolto acquistato dalla Fusion Farms, allo scopo di distillarlo per eliminare le impurità e poter così estrarre i cannabinoidi in esso contenuti.

Quando ciò avvenne, i cristalli ottenuti avevano un aspetto strano. L’azienda allora inviò alcuni campioni ad un laboratorio per la caratterizzazione. Si scoprì così che questi cristalli erano costituiti da delta-10-THC, formato probabilmente a seguito dell’azione dei ritardanti di fiamma sul raccolto. 

Intravedendo una possibilità commerciale, l’azienda si concentrò sullo sviluppo di un metodo di sintesi efficace del delta-10-THC. La sintesi proposta dal gruppo di Mechoulam fu subito scartata, perché prevedeva l’utilizzo di sostanze altamente inquinanti. Dopo vari tentativi, è stato sviluppato un processo di sintesi che prevede l’utilizzo di additivi alimentari e di “radicali liberi”.

Nel frattempo, altre aziende hanno sviluppato altri metodi sintetici, soprattutto partendo dal CBD e attualmente in vari Stati americani è possibile acquistarlo legalmente.

4.2 EFFETTI DEL DELTA-10-THC

La mission di Cannabiscienza è chiara fin dal nome: parlare della scienza che sta intorno al mondo della cannabis. Da quanto premesso, però, questo discorso è difficilmente applicabile al delta-10-THC. Motivo per cui le notizie sui suoi effetti devono, per ora, essere necessariamente ricavate dai report aneddotici presenti su varie riviste, blog e siti internet che riportano le esperienze e i commenti dei consumatori che hanno provato questa sostanza.

Mentre il delta-8-THC è prodotto dalla pianta di cannabis, anche se in quantità molto modeste, sembrerebbe che il delta-10-THC non venga prodotto direttamente, ma solo in condizioni particolari e come prodotto di scarto.

Data la similarità strutturale con il delta-8 e il delta-9, probabilmente anche il delta-10-THC agisce sui recettori cannabinoidi, in particolare i CB1. La maggior parte delle esperienze riportate descrivono infatti effetti psicotropi, come per il delta-8 e il delta-9, ma molto meno potenti. Sembrerebbe che l’effetto rilassante prevalga su quello inebriante.

4.3 LO STATUS SEMILEGALE DEL DELTA-10-THC

Quanto detto per il delta-8 si applica allo stesso modo per il delta-10. In USA, il Farm Bill ha fatto crescere l’attenzione commerciale verso quei cannabinoidi non vietati dalla legge, tra cui il delta-10. Molte aziende hanno iniziato da tempo a sintetizzare e ad immettere sul mercato prodotti a base di delta-10-THC, soprattutto liquidi per sigarette elettroniche. Anche in questo caso la mancanza di una legislazione specifica fa sorgere dubbi su questi prodotti, in particolare sull’effettiva presenza nelle confezioni di quanto riportato in etichetta. Anche il possibile utilizzo da parte di giovani e giovanissimi, che potrebbero percepire questi prodotti più sicuri rispetto ai classici derivati della cannabis, genera preoccupazione nelle autorità sanitarie, soprattutto quelle statunitensi.

5. CONCLUSIONI

Il mondo della cannabis e dei cannabinoidi non è certamente noioso e statico, ma in continua evoluzione. Ci sono spesso delle novità, soprattutto riguardo la scoperta, lo sviluppo o la commercializzazione di nuovi cannabinoidi.

Accanto al delta-9-THC -il THC per eccellenza- stanno emergendo nuovi composti ad attività psicotropa, come gli analoghi delta-8 e delta-10.

Secondo una scala di potenza, riguardante gli effetti psicotropi, quello più forte è il delta-9-THC, seguito dal delta-8 e dal delta-10.

Il delta-9-THC è conosciuto, oltre che per le sue proprietà psicotrope, anche per i suoi effetti sul dolore, in particolare quello cronico di origine neuropatica.

Il delta-8-THC è molto simile al delta-9, ma un po’ meno potente. L’effetto psicotropo viene mantenuto, anche se, essendo meno intenso, molti consumatori riportano un “high” privo dell’ansia o degli attacchi di panico a volte associati al delta-9. L’effetto antidolorifico è mantenuto, anche se in maniera minore, il che renderebbe il delta-8-THC interessante anche per un uso terapeutico.

Il delta-10-THC è invece privo di attività antidolorifica e l’effetto “mentale” è molto leggero, rilassante, ma nono inebriante. La molecola è comunque relativamente nuova e mancano studi scientifici che confermino le sue proprietà.

In attesa di ulteriori prove a conferma di quanto detto, ci lasciamo, per ora, con una domanda: quale sarà il prossimo cannabinoide a salire agli onori della cronaca?

Referenze

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Autore
Fabio Turco
Neurogastrocannabinologo - Chimico Farmaceutico

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