L’emicrania si manifesta con attacchi ricorrenti che possono durare poche ore o persino giorni e la cui frequenza è altrettanto variabile (da pochi episodi in un anno a 2-3 crisi alla settimana). [1]
In Italia si stima che circa 8 milioni di persone soffrano di emicrania episodica o ricorrente, con le donne che mostrano una probabilità di soffrire di questa condizione tre volte maggiore rispetto agli uomini. In ogni caso, e aldilà delle differenze di genere, il 12% circa della popolazione generale riporta di avere avuto un attacco di emicrania almeno una volta nella vita.
L’insorgenza, generalmente, si colloca durante l’età adolescenziale, con variazioni degli attacchi (in termini di intensità e frequenza) nella vita adulta, ed una loro diminuzione dopo i 50 anni. I sintomi (dolore pulsante, nausea, vomito, sensibilità alla luce e ai suoni) possono essere insopportabili e variare molto da soggetto a soggetto. Chi ne è colpito spesso deve ricorrere al riposo completo, al buio e in un ambiente tranquillo. [2]
1. FISIOPATOLOGIA DELL’EMICRANIA
Sebbene esista una correlazione tra emicrania e il consumo di alcuni cibi (ad esempio cioccolato, agrumi, formaggi stagionati, insaccati) o bevande (come vino rosso, tè, caffè) e sicuramente esista anche un legame con stress, disturbi del sonno, cambiamenti climatici, uso di alcuni farmaci, le cause dell’emicrania non sono del tutto note. [3]
L’emicrania è, infatti, caratterizzata da una patofisiologia complessa e tipicamente multifattoriale, in cui predisposizione genetica, fattori esterni, patologie concomitanti e fattori ormonali giocano un ruolo determinante. [4]; [5]
Molti studi scientifici hanno dimostrato come ci sia una relazione tra emicrania e alterazioni dei meccanismi di trasmissione dei segnali nervosi, associati ad una iperattivazione del sistema trigemino-vascolare. Quest’ultimo, a sua volta, indurrebbe il rilascio di neuropeptidi innescando un processo infiammatorio a carico dei vasi cranici (che si dilatano) e delle meningi, accompagnato dalla tipica sensazione di dolore intenso. [6] ; [7]
2. TRATTAMENTO E CURA DELL’EMICRANIA
Il primo approccio nella cura e prevenzione dell’emicrania si basa sulla riduzione ed eliminazione, ove possibile, dei fattori scatenanti (ad esempio cambiamenti climatici, consumo di particolari cibi o bevande). Qualora questo non sia praticabile o efficace o nel caso in cui il dolore sia talmente intenso da impedire il normale svolgimento delle attività quotidiane, è possibile ricorrere alla terapia farmacologica seguendo le indicazioni del proprio medico. Bisogna sempre evitare qualsiasi tentativo di autocura o trattamento “fai da te”: l’approccio farmacologico deve essere sempre calibrato dal medico sia sulla base delle caratteristiche e dell’entità del disturbo sia della sintomatologia e delle esigenze del paziente (ad esempio coesistenza di altre condizioni patologiche, eventuali interazioni con altri farmaci, caratteristiche metaboliche del soggetto).
La terapia può essere finalizzata o a placare il dolore e gli altri sintomi associati (trattamento in acuto) o a prevenirne l’insorgenza (terapia preventiva). [8] ;[9]
Nel trattamento in acuto i farmaci più utilizzati sono:
- Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come paracetamolo, aspirina, ibuprofene per il trattamento del dolore lieve/moderato
- Triptani, impediscono la propagazione del dolore, contrastando la dilatazione dei vasi sanguigni nell’encefalo, uno dei processi ritenuto alla base dell’emicrania
- Ergotamina e derivati, con azione vaso-costrittiva ed impiegati nel trattamento dell’emicrania particolarmente invalidante o refrattaria ad altri trattamenti
- Altri farmaci non specifici per l’emicrania ma comunque utilizzati in clinica per il trattamento degli stati dolorosi intensi o gravi, come gli oppioidi.
La terapia preventiva è utile quando l’emicrania si verifica con una certa frequenza e/o con sintomi particolarmente gravi. Generalmente questi farmaci devono essere assunti regolarmente, spesso su base giornaliera, ed includono:
- Farmaci usati per trattare l’ipertensione, con azione modulatoria sul tono dei vasi sanguigni e regolativa dei meccanismi implicati nel dolore
- Antidepressivi, con azione indiretta sui recettori della serotonina, coinvolti nell’insorgenza dell’emicrania
- Antiepilettici, che agiscono sulla soglia del dolore e sulla ipereccitabilità cerebrale
Tuttavia, l’utilizzo eccessivo e prolungato dei farmaci per il trattamento in acuto e come terapia preventiva, oltre agli effetti collaterali caratteristici di ciascuna classe di farmaci (ad esempio gastrolesività ed patotossicità tipica dei FANS, assuefazione e potenziale d’abuso tipici degli oppiodi) può provocare resistenza al trattamento e generare una particolare forma di mal di testa secondaria, la “cefalea da abuso di farmaci”.
3. EMICRANIA E SISTEMA ENDOCANNABINOIDE
Numerosi studi clinici e preclinici suggeriscono uno stretto legame tra emicrania e alterazioni della neurotrasmissione mediata dal sistema endocannabinoide. Questa ipotesi è confermata dall’evidenza che molti pazienti che soffrono di emicrania mostrano una ridotta attività del sistema endocannabinoide. [10]; [11]; [12] ; [13] ; [14] ; [15] ; [16] ; [17] ; [18]
Gli studi preclinici condotti su animali da laboratorio, cui viene indotta l’emicrania tramite attivazione del sistema trigemino-vascolare, confermano questi dati. L’iperalgesia nel modello murino è, infatti, associata ad una aumentata attività degli enzimi catabolici Fatty Acid Amide Hydrolase (FAAH) e Monoacylglycerol lipase (MAGL), responsabili della degradazione dei cannabinoidi endogeni (principalmente anandamide (AEA) e 2-arachidonoilglicerolo (2-AG), rispettivamente), e ad una aumentata espressione dei recettori per i cannabinoidi in diverse aree cerebrali. Nel loro insieme, queste evidenze scientifiche suggeriscono che una disfunzione dell’attività del sistema endocannabinoide svolge un ruolo importante nel processo fisiopatologico dell’emicrania.
4. LA MODULAZIONE DEL SISTEMA ENDOCANNABINOIDE NEL TRATTAMENTO DELL’EMICRANIA: I NUOVI STUDI ITALIANI
Recenti studi preclinici condotti dalla Dr.ssa Rosaria Greco, responsabile dell’ Unità di Ricerca Neurovascolare Traslazionale presso l’IRCCS Fondazione Mondino di Pavia, hanno dimostrato come un aumento della quantità di cannabinoidi endogeni, indotto tramite l’utilizzo di inibitori degli enzimi FAAH e MAGL, possa costituire una nuova strategia terapeutica nel trattamento dell’emicrania.
In particolare, in un primo studio pubblicato sulla rivista internazionale Cephalalgia nel 2018, la Dr.ssa Greco e i suoi collaboratori hanno dimostrato che l’inibizione dell’enzima MAGL ed il conseguente aumento dei livelli di 2-AG risulti efficace nel prevenire l’iperalgesia in un modello animale di emicrania. [19]
In un ulteriore studio del 2021 pubblicato su Neurobiology of Disease lo stesso gruppo di ricerca ha dimostrato come, nello stesso modello animale di emicrania, l’aumento dei livelli di AEA tramite l’inibizione dell’enzima di degradazione FAAH riduca sia l’iperalgesia sia il processo infiammatorio innescato dall’attivazione del sistema trigemino-vascolare.
Questi risultati suggeriscono che l’inibizione di entrambi gli enzimi FAAH e MAGL, con conseguente amplificazione della neurotrasmissione endocannabinoide, possano costituire un potenziale target terapeutico nel trattamento dell’emicrania.
Sulla base di tali evidenze, gli stessi ricercatori hanno valutato l’impatto della simultanea inibizione dei due enzimi FAAH e MAGL sul dolore intenso associato all’emicrania. I risultati ottenuti e pubblicati sulla rivista Cells sono molto incoraggianti: oltre ad esercitare un potente effetto antidolorifico, la doppia inibizione FAAH/MAGL induce anche una diminuzione dei livelli dei neuropeptidi infiammatori sia a livello periferico sia a livello cerebrale. Questa diminuzione è, inoltre, accompagnata da una significativa riduzione periferica e centrale di citochine pro-infiammatorie, in particolare di TNF-alpha e IL-6. [20]
Sebbene ulteriori studi siano necessari per definire i meccanismi molecolari alla base dell’effetto analgesico degli inibitori FAAH e MAGL, i risultati ottenuti da questi studi contribuiscono a rafforzare l’ipotesi che la modulazione farmacologica del tono endocannabinoide possa costituire una nuova ed importante strategia terapeutica nel trattamento dell’emicrania.
L’articolo è stato redatto da Patrizia Ratano, docente a contratto di Farmacologia e di Psiconeuroimmunologia presso l’Università degli Studi dell’Aquila. La sua attività di ricerca nel campo della neuropsicofarmacologia è focalizzata principalmente sul ruolo del sistema endocannabinoide e dell’interazione del sistema endocannabinoide con le cellule microgliali nella modulazione dei processi cognitivi e della memoria emozionale. Dal 2022, collabora in qualità di consulente scientifico con Eusphera, società di nutraceutica pioniera in Europa per la trasformazione e la produzione di cannabidiolo e altri fitocannabinoidi ad attività non psicotropa.
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