1. DISTROFIA MUSCOLARE
Il termine “distrofia muscolare” viene genericamente utilizzato per indicare una serie di patologie ereditarie, di origine genetica quasi sempre nota, caratterizzate da una progressiva e irreversibile perdita di funzionalità del muscolo scheletrico (atrofia) e accompagnate da una sensazione di debolezza diffusa e dall’inabilità a compiere alcuni movimenti.
Uno dei primi report scientifici in cui veniva descritta la distrofia muscolare è datato 1836 e fu opera di due medici napoletani, Gaetano Conte e Luigi Gioja, come è riportato negli annali dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli. [1]
I due medici riportarono il caso clinico di due fratelli, i quali soffrivano di una progressiva fiacchezza muscolare, iniziata intorno ai 10 anni, che ha successivamente portato ad un’indebolimento generale dell’organismo e ad un’ipertrofia muscolare generalizzata. Oggi sappiamo che quello che i due medici napoletani stavano descrivendo erano casi di distrofia muscolare di Becker. A quel tempo, molti medici, leggendo il loro articolo, si convinsero che si trattasse di tubercolosi e per questo al caso non venne dato molto seguito.
Una curiosità: la scuola di medicina napoletana è stata sempre all’avanguardia nella lotta alle malattie muscolari. Per approfondire l’argomento, potete consultare questo interessante articolo, in inglese: Centosettantacinque anni di contributo napoletano alla lotta contro le malattie muscolari.
Molta più attenzione la ricevettero invece Guillaume Benjamin-Amand Duchenne e le sue descrizioni di ragazzi affetti da distrofia muscolare.
Nel 1861 Duchenne, neurologo francese già famoso per l’utilizzo dell’elettricità per stimolare muscoli e nervi, descrisse il caso di due ragazzi affetti da “paraplegia ipertrofica dell’infanzia di causa cerebrale” (così chiamò la malattia nel suo primo articolo). [2]
L’anno successivo pubblicò una serie di foto di questi ragazzi e nel 1868 descrisse altri 13 casi molto simili. I pazienti che Duchenne descrisse soffrivano tutti di una una debolezza diffusa che progressivamente fece loro perdere l’abilità di camminare e fu causa della loro morte prematura.
Gli articoli di Duchenne suscitarono notevole interesse nella comunità scientifica dell’epoca, anche perché scritti da un medico di fama internazionale. Per questo motivo, la distrofia fu identificata come patologia vera e propria.
In onore del medico francese che contribuì alla scoperta di questa patologia, una delle forme più gravi di distrofia porta oggi il nome di Duchenne.
1.1 EREDITARIETÀ NELLA DISTROFIA MUSCOLARE
Subito dopo la sua identificazione, apparve immediatamente chiaro che la distrofia muscolare poteva presentarsi in diverse forme, che potevano colpire persone di qualsiasi sesso ed età.
La maggior parte delle forme di distrofia sono ereditate e coinvolgono mutazioni in uno o più geni che producono proteine essenziali per il corretto funzionamento muscolare. [3]
Il risultato di queste mutazioni è la produzione di proteine che non riescono a svolgere in maniera efficiente la propria funzione all’interno della muscolatura, causandone un difetto generalizzato. Ciò può indurre: degenerazione muscolare, debolezza diffusa e progressiva, disfunzione delle fibre muscolari, fagocitosi non controllata (una sorta di autodistruzione delle cellule muscolari), riduzione dello spessore di tendini e muscoli, perdita di forza e funzionalità delle fibre muscolari e dei tendini danneggiati che tendono ad essere sostituiti da tessuto connettivo. [4]
Le varie forme di distrofia muscolare possono essere ereditate attraverso tre modalità principali:
- ereditarietà autosomica dominante, quando si eredita un gene normale di un genitore e uno difettoso dell’altro, che è dominante quindi la malattia si manifesta;
- ereditarietà autosomica recessiva, quando entrambi i genitori hanno un gene alterato e lo passano alla prole;
- ereditarietà X-linked, quando il gene difettoso si trova sul cromosoma X, presente in entrambi i sessi e viene trasmesso alla prole.
2. FORME PIÙ FREQUENTI DI DISTROFIA MUSCOLARE
Il National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS) degli Stati Uniti ha identificato 9 forme principali di distrofia muscolare (a volte classificate anche come miopatie, ovvero disfunzioni della muscolatura volontaria): [5] ; [6]
1. Di Duchenne:
Si tratta di una forma molto grave ed è la più frequente tra le distrofie dell’infanzia (circa il 50% dei casi), colpisce prevalentemente i maschi ed è causata da un difetto di un gene presente sul cromosoma X, che determina la mancata produzione della distrofina, una proteina necessaria per il normale funzionamento dei muscoli. Sintomi caratteristici sono: debolezza nel bacino e nella parte superiore delle gambe, difficoltà a correre, saltare e a deambulare, accumulo di grasso nei muscoli del polpaccio, cadute frequenti. Si manifesta intorno ai 3 anni, non necessità ospedalizzazione fino ai 12 e l’aspettativa di vita è intorno ai 20 anni.
2. Di Becker:
Simile alla distrofia di Duchenne ma meno frequente, è causata dal difetto del gene Xp21 presente sul cromosoma X, che causa la produzione di distrofina danneggiata, con la porzione terminale mancante. Ciò spiega la minore severità rispetto alla Duchenne, in quanto la proteina è parzialmente funzionante. Sintomi comuni sono: difficoltà ad alzarsi, frequenti crampi muscolari, deambulazione in punta di piedi, cadute frequenti. Può manifestarsi tra gli 11 e i 20 anni, prevalentemente nei maschi e di solito non richiede ospedalizzazione prima della trentina.
3. Congenita:
Con questo termine ci si riferisce ad un gruppo di malattie rare, causate da un difetto nelle proteine delle fibre muscolari o da disfunzioni del sistema nervoso centrale. Sintomi tipici sono: scoliosi, accorciamento della muscolatura che irrigidisce le articolazioni, difficoltà nel controllo muscolare dalla nascita, deformità dei piedi, disabilità intellettiva, difficoltà a respirare e a deglutire. Colpisce maschi e femmine dai 2 anni di età, se si supera l’infanzia può non richiedere ospedalizzazione.
4. Distale:
Gruppo di patologie eterogenee ad andamento progressivo che causano un indebolimento dei muscoli degli arti (mani, avambracci, piedi e polpacci). Dovute ad un difetto o una carenza di proteine specifiche che controllano il corretto funzionamento muscolare (sono stati identificati una quindicina di geni responsabili), sintomi comuni comprendono: difetti motori, difficoltà a gesticolare, problemi di deambulazione (a seconda del sottotipo di distrofia distale). In genere, non condizionano la durata della vita.
5. Di Emery–Dreifuss:
Dovuta a difetti di alcune proteine che circondano il nucleo cellulare, è causata da alterazioni genetiche presenti sul cromosoma X. Si caratterizza per debolezza muscolare e atrofia, contratture dei tendini e cardiomiopatia. Sintomi tipici sono: difficoltà nel flettere il collo in avanti, nell’alzare le braccia sopra la testa, nel sollevare gli oggetti, nel camminare o nel fare le scale e disfunzioni cardiache. Si manifesta nell’adolescenza mentre i problemi cardiaci insorgono dopo i 20 anni e ciò può essere causa di morte improvvisa.
6. Fascio-scapolo-omerale:
È la terza più comune malattia genetica della muscolatura. I geni responsabili di questa patologia non sono stati identificati in maniera univoca, ma per la prima volta nella storia della ricerca genetica è stata avanzata l’ipotesi che un gene normalmente inattivo possa in qualche modo attivarsi e causare la malattia. La sintomatologia comprende: ipostenia (riduzione della forza muscolare), difficoltà a chiudere e aprire gli occhi, problemi con i muscoli facciali, disturbi del riflesso muscolare di bicipiti e tricipiti, problemi di udito, curvatura della colonna vertebrale, atrofia muscolare intorno alle spalle. Colpisce sia maschi che femmine, quasi sempre entro i 20 anni e, sebbene fortemente debilitante, non influisce sull’aspettativa di vita.
7. Di Limb-Girdle (o dei cingoli):
Colpisce prevalentemente i muscoli del cingolo pelvico e del cingolo scapolare, comprende un gruppo di malattie rare dovuta a mutazioni presenti su vari geni. La variante F1 è stata scoperta da un gruppo di ricercatori italiani ed è dovuta a mutazioni del gene TNPO3, che causano una disfunzione nella proteina trasportina 3. [7] La maggior parte delle persone affette dalla variante F1 vive in Spagna o in Italia e appartiene ad un’unica famiglia i cui membri, da almeno 8 generazioni, sono portatori di questa malattia. Sintomi tipici sono: frequenti cadute, debolezza dell’anca che si diffonde a spalle, gambe e collo, andatura ondeggiante, colonna vertebrale rigida, difficoltà a salire le scale. Si manifesta di solito nell’adolescenza e tende a progredire verso una sintomatologia severa.
8. Miotonica:
Tra le forme più comuni di distrofia negli adulti, è causata da un gene difettoso presente sul cromosoma 19q13.3, dove è presente una sequenza trinucleotidica (CTG) ripetuta dalle 50 alle 40000 volte, a dispetto delle ripetizioni nei geni non difettosi che vanno dalle 5 alle 35 volte. Caratteristica peculiare di questa forma di distrofia è la miotonia, ovvero la contrazione prolungata di certi muscoli e il ritardo nel rilasciarli. Sintomi comuni sono: difficoltà nella deglutizione, sonnolenza, perdita di peso, cataratta e problemi nella visione (in quanto spesso sono coinvolti i muscoli della palpebra), difetti cardiaci. Si sviluppa sia nei maschi che nelle femmine tra i 20 e i 30 e, se si tengono sotto controllo i problemi cardiaci che possono essere spesso fatali, non richiede ospedalizzazione.
9. Oculo-faringea:
Caratterizzata da un progressivo indebolimento dei muscoli oculari e della gola (faringe), causata da un difetto del gene PABPN1, dove un’anormale ripetizione della tripletta GCG provoca un non corretto trasferimento dell’mRNA dal nucleo. Sintomi comuni comprendono: problemi cardiaci, palpebre cadenti, atrofia muscolare nelle spalle e nel collo, difficoltà a deglutire. Colpisce prevalentemente alcuni gruppi etnici come i canadesi francesi, gli ispanici statunitensi e gli ebrei Aschenaziti, si manifesta entro i 60 anni e spesso non richiede ospedalizzazione.
3. DISTROFIA E SISTEMA ENDOCANNABINOIDE
Le varie forme di distrofia muscolare sono caratterizzate da una progressiva disfunzione della muscolatura di varie parti del corpo. Sebbene i sintomi siano diversi tra di loro, le distrofie sono quasi tutte caratterizzate da atrofia e spasmi muscolari, che spesso sono associati a dolore cronico. Inoltre, possono essere coinvolti i muscoli respiratori e ciò causa difficoltà e/o paralisi respiratorie.
Sfortunatamente, non esiste una cura per la distrofia muscolare. Si cerca di intervenire sui sintomi specifici al fine di migliorare la qualità di vita del paziente con terapie riabilitative e di rallentare la progressione della malattia. Trattamenti tipici includono l’utilizzo di cortisonici (soprattutto prednisolone) che, tenendo sono controllo l’infiammazione, sembrano rallentare di qualche anno la progressione della malattia. Inoltre si cerca di controllare gli spasmi muscolari e, in caso di forte dolore cronico, si utilizzano anti-dolorifici, in particolare oppiacei. Inoltre, sono disponibili numerosi test genetici pre-nascita, che possono individuare la presenza di geni difettosi. Per il futuro, l’utilizzo di vettori virali o della terapia genetica potrebbero portare a buoni risultati nel trattamento di questa patologia.
Nella ricerca di nuovi trattamenti per migliorare i sintomi della distrofia, anche la Cannabis Terapeutica potrebbe svolgere un ruolo importante. Questo principalmente per tre motivi principali:
- la Cannabis Terapeutica è utilizzata con successo da pazienti che soffrono di disfunzioni della muscolatura, come nel caso della distrofia muscolare; (per approfondire: Cannabis e Sclerosi Multipla: analisi dei principali studi clinici e CBD e cerotti transdermici: gli effetti miorilassanti)
- la Cannabis Terapeutica e i suoi derivati sono utili nel trattamento del dolore cronico; (per maggiori informazioni: Dolore e endocannabinoidi: parola al neurofarmacologo)
- il Sistema Endocannabinoide (SEC) è coinvolto nella regolazione e nello sviluppo della muscolatura scheletrica.
Quest’ultimo punto è stato chiarito solo di recente. Infatti, nel 2005 è stato scoperto che il recettore CB1 è presente nei tessuti muscolari, dove successivamente sono stati identificati anche altri componenti del SEC, come il recettore CB2, il TRPV1 e l’enzima FAAH. [8] ; [9] Il ruolo del SEC nel sistema muscolare è prevalentemente quello di regolarne l’apporto energetico, agendo sul metabolismo del glucosio e dell’insulina. [10] ; [11]
La conferma del ruolo del SEC nella muscolatura scheletrica deriva da numerosi studi che hanno dimostrato come l’attività del SEC è modificata sia durante l’esercizio fisico sia durante le fasi dello sviluppo della muscolatura scheletrica. [12]
4. DISTROFIA MUSCOLARE E CANNABIS: IL RUOLO DEI CANNABINOIDI E DERIVATI
Nonostante queste premesse, pochi sono gli studi scientifici che hanno indagato il ruolo della Cannabis Terapeutica e dei suoi derivati nel trattamento della distrofia muscolare.
4.1 LO STUDIO ITALIANO SULLA DISTROFIA DI DUCHENNE
Uno dei lavori più importanti in tal senso è italiano ed è stato coordinato dall’Endocannabinoid Research Group di Vincenzo Di Marzo. [13]
In questo studio, il dottor Iannotti e colleghi hanno innanzitutto dimostrato che nella muscolatura di pazienti e di animali da laboratorio affetti dalla distrofia di Duchenne, vi è una diversa espressione dell’endocannabinoide 2-arachidonoil glicerolo (2-AG) rispetto ai controlli sani. Ciò è correlato ad un aumento di espressione del recettore CB1 e ad un aumento del numero delle cellule satellite, le cellule staminali muscolari normalmente deputate alla rigenerazione delle fibre muscolari danneggiate.
Diverse ricerche hanno dimostrato che, mentre nella fase iniziale della distrofia di Duchenne la rigenerazione muscolare mediata dalle cellule satellite è in grado di attenuare la degenerazione, nelle fasi successive della progressione della malattia questo processo è inefficiente e, anzi, un elevato numero di cellule satellite risulta essere deleterio. [14] ; [15]
Nel loro studio i ricercatori hanno trattato le fibre muscolari provenienti dai pazienti con il rimonabant, un antagonista CB1 e hanno osservato una riduzione della proliferazione delle cellule satellite umane e un aumento nella formazione di miotubi, costituenti fondamentali per la formazione di tessuto muscolare.
Inoltre, ripetendo lo stesso trattamento con rimonabant negli animali da laboratorio, si è visto che era in grado di prevenire la perdita di coordinazione e di forza muscolare osservata nei topi con distrofia di Duchenne non trattati, attraverso un’aumento delle fibre muscolari sane e una riduzione dei markers infiammatori.
4.1.1 Il ruolo dei derivati della Cannabis
I ricercatori italiani hanno anche indagato il ruolo di alcuni fitocannabinoidi nel trattamento della distrofia di Duchenne. [16]
In particolare, si sono concentrati su alcuni cannabinoidi non psicoattivi, come il Cannabidiolo (CBD) e sui derivati divarinici Cannabivarina (CBDV) e Tetraidrocannabivarina (THCV), due cannabinoidi che stanno ricevendo molta attenzione dalla comunità scientifica per le loro interessanti proprietà. Per il THCV, ad esempio, è in corso una sperimentazione clinica per il trattamento di disordini metabolici. [17]
Come il CBD, anche il CBDV sembra essere poco attivo sui recettori CB1 e CB2 e molto attivo sui TRPV1. Il THCV è invece un antagonista dei recettori CB1 e un agonista parziale dei CB2. [18]
I ricercatori hanno osservato che il trattamento con CBD e CBDV -ma non con THCV- sulle cellule muscolari umane, aumentava la formazione di miotubi.
Gli scienziati hanno anche testato il CBD e il CBDV in un modello animale di distrofia di Duchenne e hanno osservato che la loro attività locomotoria era completamente recuperata rispetto agli animali non trattati. Inoltre, questi risultati erano associati ad una diminuzione dell’infiammazione locale e sistemica e ad un aumento dell’autofagia (la normale attività di riciclo dei prodotti cellulari danneggiati).
Come sottolineato dagli stessi autori dello studio, i risultati ottenuti sono ancora preliminari, tuttavia sono molto incoraggianti e pongono le basi per ulteriori ricerche sul ruolo della Cannabis Terapeutica e dei suoi derivati, in particolare quelli divarinici, nel trattamento della distrofia di Duchenne.
4.2 UTILIZZO DELLA CANNABIS TERAPEUTICA NELLA DISTROFIA MIOTONICA
Come detto, pochi sono gli studi che analizzano gli effetti della Cannabis sulla distrofia muscolare. In contrasto con questo dato, molti sono invece i report aneddotici sull’utilizzo di Cannabis nei pazienti affetti da questo tipo di malattia.
Sulla scia di queste segnalazioni, nel 2018 sono stati pubblicati i risultati di un sondaggio pilota condotto in Germania e negli USA sull’utilizzo di Cannabis nei pazienti con distrofia miotonica. [19]
Ai pazienti (età compresa tra i 18 e i 60 anni) è stato chiesto di rispondere in modo anonimo alle seguenti domande:
- interesse generale nell’assunzione di Cannabis Medica per alleviare i sintomi;
- l’esperienza personale con la Cannabis;
- le vie di somministrazione preferenziali della Cannabis;
- l’efficacia percepita dal paziente riguardo l’uso di Cannabis per il sollievo dai sintomi.
Dai risultati di questo studio è emerso chiaramente che la maggior parte dei pazienti vorrebbe provare prodotti a base di Cannabis per il sollievo dai sintomi o vorrebbe essere incluso in un trial clinico su questi prodotti.
Il 14% dei pazienti tedeschi e il 33% dei pazienti statunitensi hanno riferito un consumo regolare di Cannabis o di cannabinoidi per alleviare i sintomi. Questi pazienti hanno riportato un miglioramento soggettivo di diversi sintomi, con pochi o nessun effetto collaterale. In particolare, mialgia (dolore muscolare), miotonia e rigidità muscolare sono migliorate in quasi tutti i pazienti.
Anche in questo caso, gli autori auspicano ulteriori studi, soprattutto clinici, per valutare l’efficacia della Cannabis e dei cannabinoidi nelle distrofie muscolari.
4.3 LO STUDIO CLINICO PILOTA
Gli autori tedeschi del questionario di cui sopra, della Ludwig-Maximilians-University di Monaco di Baviera, hanno condotto un piccolo studio clinico, su 6 pazienti, sull’utilizzo di cannabinoidi per il trattamento sintomatico della miotonia e della mialgia in pazienti con miotonie distrofiche e non distrofiche. [20]
Ai pazienti è stato somministrato un olio contente THC e CBD in vari rapporti e dosi:
- CBD:THC=10:1; 10.29 mg di CBD e 1.10 mg di THC due volte al giorno per le prime 2 settimane;
- CBD:THC=6:1; 20.58 mg di CBD e 3.31 mg THC 2 volte al giorno per le successive 2 settimane.
I risultati di questo studio pilota sono stati sicuramente soddisfacenti. Tutti i pazienti hanno riportato un miglioramento della miotonia, soprattutto nelle settimane 3 e 4 di trattamento. Inoltre, la maggior parte dei pazienti ha riportato un miglioramento del dolore muscolare (mialgia) e di alcuni sintomi gastrointestinali, quali dolore addominale e diarrea.
L’unico effetto collaterale riportato da 4 pazienti su 6 è stato un aumento della costipazione.
Secondo gli autori, “questi primi risultati empirici suggeriscono un ruolo potenzialmente benefico del CBD/THC nell’alleviare la miotonia e dovrebbero incoraggiare ulteriori ricerche in questo campo, incluso uno studio controllato randomizzato su una coorte più ampia di pazienti”.
5. DISTROFIA MUSCOLARE E CANNABIS: LE CONCLUSIONI
Le distrofie muscolari comprendono un gruppo di patologie genetiche più o meno caratterizzate e più o meno frequenti, ad andamento solitamente progressivo, che causano la degenerazione del muscolo scheletrico. Gli spasmi muscolari, ovvero le contrazioni improvvise e involontarie della muscolatura e il dolore associato sono tra i sintomi comuni maggiormente riportati. [21] ; [22]
L’effetto miorilassante, ovvero il rilassamento della muscolatura in seguito all’assunzione di Cannabis, è noto sia in letteratura scientifica sia nei report aneddotici di chi consuma Cannabis non per scopo terapeutico. Questo effetto potrebbe essere di sicuro beneficio in caso di spasmo della muscolatura ed è, infatti, uno dei motivi principali per cui i pazienti affetti da distrofia, anche in maniera autonoma, decidono di provare la terapia con Cannabis Medicinale.
L’altro motivo è il dolore cronico. Molti pazienti lamentano continui dolori muscolari, dovuti spesso anche all’impossibilità di compiere alcuni movimenti, come succede nelle fasi finali della progressione della malattia. Sia la Cannabis Terapeutica che i suoi componenti -soprattutto il THC e il CBD- hanno un’efficacia provata soprattutto in caso di dolore cronico. Inoltre, il loro utilizzo concomitante con altri anti-dolorifici permette di ridurre le dosi di quest’ultimi e, soprattutto nel caso degli oppiacei, ciò significa ridurre di molto gli effetti collaterali spesso deleteri e il problema dell’assuefazione e della dipendenza.
Nonostante ciò, pochi sono gli studi scientifici che hanno indagato il ruolo della Cannabis e dei suoi derivati nelle distrofie muscolari. Tuttavia, i dati finora presentati sembrano essere soddisfacenti.
L’unico studio clinico, effettuato su pazienti con distrofia miotonica, ha mostrato che l’olio di CBD/THC migliora la miotonia e la mialgia associate alla patologia, con scarsi effetti collaterali. Lo studio è stato condotto su un piccolo numero di pazienti, ma getta le basi per ulteriori approfondimenti su un numero più ampio di partecipanti.
Un’ altra ricerca importante è stata condotta da ricercatori italiani e coordinata dall’Endocannabinoid Research Group. Questo lavoro ha mostrato che il Sistema Endocannabinoide (SEC) regola lo sviluppo della muscolatura scheletrica e, quindi, intervenendo sul SEC si possono modulare, almeno in parte, le disfunzioni muscolari che caratterizzano le distrofie.
Lo stesso gruppo di ricerca ha anche dimostrato che non solo il THC e il CBD, ma anche altri cannabinoidi possono essere utili nella distrofia. È il caso dei derivati divarinici -in particolare il CBDV – che migliorano le funzioni muscolari e, negli animali da laboratorio, sono stati in grado di migliorare la sintomatologia della distrofia di Duchenne, la forma più frequente di distrofie nell’età infantile.
In conclusione, le premesse per l’utilizzo della Cannabis Terapeutica nel trattamento della distrofia muscolare ci sono tutte. Non ci resta che aspettare ulteriori studi, soprattutto clinici, per vedere se le promesse verranno mantenute.