gli effetti del cbd sul cervello

CBD in neuropsichiatria: gli effetti del Cannabidiolo nel cervello

Considerate le azioni del cannabidiolo (CBD) sul tono Endocannabinoide, sulla trasmissione serotoninergica e oppiode e sulla neurogenesi, varie sono gli effetti del CBD sul cervello le condizioni neuropsichiatriche in cui questo potrebbe svolgere un’azione migliorativa.

Tra gli innumerevoli costituenti della Cannabis Sativa, il CBD è uno dei fitocannabinoidi più studiati per le sue proprietà ansiolitiche, anti-psicotiche, anti-infiammatorie, analgesiche, antiepilettiche, antiemetiche e antitumorali. A differenza del tetraidrocannabinolo (THC), il CBD non agisce sui classici recettori CB1 e CB2 ma ha altri bersagli recettoriali; non presenta effetti narcotici e ciò lo rende una molecola molto maneggevole in terapia. 

 

In questa guida presentiamo gli ultimi avanzamenti della ricerca sul CBD nel campo della neuropsichiatria.

Questa è una versione riadattata di un manoscritto a cura della stessa autrice originalmente scritto per Foundacion CANNA

INDICE

1. LA RICERCA SUL CBD IN BRASILE: UN PREMIO INTERNAZIONALE PER OLTRE 40 ANNI DI SCOPERTE 

Tra i momenti di maggior interesse dell’ultimo congresso di presenza (nell’ottobre del 2019)  promosso dall’Associazione Internazionale per la Cannabis in Medicina (IACM), è sicuramente da annoverare il riconoscimento attribuito al Professor José Alexandre Crippa, del dipartimento di Neuroscienze dell’Università brasiliana di São Paulo, per il contributo significativo del suo lavoro e di quello del suo gruppo nella comprensione del ruolo del CBD in neuropsichiatria. 

Dagli inizi degli anni Ottanta dello scorso secolo ad oggi, numerose sono le ricerche innovative svolte dai ricercatori brasiliani, che hanno anch’esse contribuito a rivalutare il ruolo del CBD e della Cannabis nella medicina ufficiale.

La storia degli scienziati brasiliani in questo campo comincia negli anni ’70, quando i potenziali effetti terapeutici del CBD furono dimostrati sia in diversi modelli animali di disturbi neuropsichiatrici, sia in studi clinici con soggetti umani, rendendoli i primi ricercatori a mettere in evidenza gli effetti ansiolitici e antipsicotici del CBD. [1]

Nel 1982, gli scienziati brasiliani furono inoltre i primi a testare l’interazione tra CBD e THC in volontari sani, scoprendo che alte dosi orali di THC provocavano ansia e sintomi psicotici, che erano attenuati quando il CBD veniva somministrato insieme al THC. [2]

I dati promettenti provenienti da questi primi esperimenti, hanno aperto la strada ad una serie di ulteriori ricerche che hanno stabilito, attraverso studi su cellule, animali da laboratorio e pazienti, un chiaro legame tra CBD e attività antipsicotica.

Partendo da questi esperimenti pionieristici, il CBD è divenuto molecola di interesse per numerosi studi che hanno coinvolto e appassionato scienziati di tutto il mondo, provenienti da aree di ricerca spesso diverse tra loro.

2. IL CBD E GLI EFFETTI SUL CERVELLO: COME FUNZIONA IL CANNABIDIOLO?

Chiaramente, una delle principali domande che si sono posti gli scienziati che lavorano in questo campo, è stata: in che modo il CBD è in grado di indurre i suoi effetti ansiolitici, antipsicotici e antidepressivi?

Grazie al contribuito di numerose ricerche, cerchiamo qui di dare una risposta alle domande sul ruolo del CBD in neuropsichiatria.

2.1 LA MODULAZIONE DELLA RISPOSTA EMOTIVA ALLA PAURA

Una prima risposta a questa domanda, dal punto di vista anatomico, ci viene da uno studio del 2009, che ha visto anche questa volta coinvolto il Professor Crippa. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), gli scienziati sono stati in grado di mostrare i circuiti neurali responsabili degli effetti ansiolitici del CBD. 

In questo studio, a 15 soggetti sani venivano, di volta in volta, mostrati foto di visi intensamente spaventosi, per poi monitorarne le reazioni, in presenza o meno di CBD (600 mg) o THC. [3]

Il CBD è stato in grado di attenuare le risposte agli stimoli paurosi in due aree cerebrali che modulano le nostre emozioni, ovvero nel cingolato anteriore e posteriore e nell’amigdala e, in più, è riuscito a modulare le risposte di conduttanza cutanea a stimoli spaventosi e anche ciò è indice di una risposta attenuata. 

Da questi dati, è apparso chiaro che gli effetti del CBD sull’attivazione dei neuroni nelle regioni limbiche e paralimbiche, possono contribuire alla sua capacità di ridurre l’eccitazione neuronale e, di conseguenza, l’ansia soggettiva da situazioni paurose.

Questi dati sono stati confermati da uno studio successivo, in cui gli effetti ansiolitici del CBD corrispondevano a un’alterazione della connettività prefrontale-subcorticale, tramite la stimolazione dell’amigdala e dell’area della corteccia cingolata anteriore. [4] È interessante anche notare che il CBD ha attenuato il livello di ossigenazione del sangue nell’amigdala di soggetti sani, esposti a diversi livelli di ansia.

Ciò sembra rilevante non solo per l’ansia generalizzata, ma può offrire una logica per la gestione psichiatrica dei pazienti che hanno subito eventi traumatici; infatti, l’amigdala è iperattiva nei pazienti con disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e il suo grado di attivazione può essere correlato alla gravità della sintomatologia da PTSD. [5]

2.2 MODULAZIONE DELL’ENZIMA FAAH: EFFETTI ANSIOLITICI, ANTIDEPRESSIVI E PRO-SOCIALI DEL CBD

Dopo aver individuato i circuiti neuronali attivati dal CBD, gli scienziati di tutto il mondo si sono chiesti quali fossero i meccanismi molecolari alla base di questa attivazione, ovvero con quali enzimi o recettori interagisce il CBD. 

Ovviamente i primi ad essere stati chiamati in causa sono stati i recettori cannabinoidi classici, CB1 e CB2. Si è così capito che il CBD ha solo una debole interazione con questi recettori e tale interazione non è sufficiente a spiegarne gli effetti farmacologici. [6]

La ricerca si è così concentrata su altri componenti del Sistema Endocannabinoide e già quasi 20 anni fa vari studi hanno suggerito che il CBD inibisce la degradazione dell’Anandamide (AEA), uno dei principali Endocannabinoidi prodotti dal nostro organismo. [7]

Ciò avviene perché il CBD interagisce con l’enzima acido grasso ammide idrolasi (FAAH, dall’inglese Fatty Acid Amide Hydrolase) e ne impedisce il funzionamentoQuesto enzima è responsabile della degradazione dell’AEA. Il CBD, bloccando l’azione di FAAH, impedisce all’AEA di essere degradata e in questo modo la sua azione viene prolungata nel tempo, aumentando in questo modo il tono Endocannabinoide. 

Cosa vuol dire che il CBD aumenta il tono Endocannobinoide? 

In pratica, vuol dire che il CBD ha un’azione indiretta: piuttosto che attivare o inibire un recettore, come fanno la maggior parte dei farmaci incluso il THC, fa in modo che l’AEA non venga degradata ed è così in grado di prolungare la sua azione e quindi l’attivazione del Sistema Endocannabinoide o, in termini scientifici, il suo tono, risulta aumentato. Ricordiamo che l’AEA, a sua volta, agisce principalmente sui recettori CB1.

L’azione sul tono è molto importante, infatti è stato notato che alcune patologie come il PTSD e la fibriomialgia, condividono una carenza del tono Endocannabinoide e che questa carenza sembra predisporre l’individuo allo sviluppo di psicopatologie, come ad esempio quelle correlate ai traumi. [8] ; [9]

L’argomento rimane comunque aperto, poiché ci sono ancora alcune prove contrastanti sul ruolo del CBD e dell’enzima FAAH [10]; tuttavia, durante il simposio a Berlino di IACM 2019, un altro luminare nel campo dei cannabinoidi, il Prof. Daniele Piomelli dell’Università Irvine School of Medicine della California, ha presentato la sua ricerca sulla farmacologia dell’inibizione dell’enzima FAAH e le sue implicazioni nell’aumento della guarigione da ansia da trauma, dell’elevazione dell’umore e della diminuzione della percezione del dolore. [11] ; [12] ; [13]

Il professor Piomelli, nel corso del convegno, ha anche riportato la storia di una donna scozzese che è stata trovata con una mutazione genetica dell’enzima FAAH che ne impediva il corretto funzionamento. Di conseguenza, come dimostrato dalle analisi effettuate su di lei, presentava livelli ematici più elevati della media di vari endocannabinoidi come l’AEA, l’Oleoiletanolamina e la Palmitoiletanolamina. [14]

Il tono Endocannabinoide risultava dunque potenziato e la signora 66enne aveva un umore particolarmente buono e la totale assenza di percezione del dolore, nonostante una fastidiosa chirurgia ortopedica alla mano a cui si era sottoposta e il cupo clima scozzese. 

Questa non è solo una storia per tabloid alla “The Sun”; la donna, infatti, nonostante presentasse frequenti tagli e ustioni, è stata osservata guarire sempre rapidamente.
Tali effetti sono simili a quelli osservati con il CBD, confermando il ruolo dell’inibizione dell’enzima FAAH in molti degli effetti che si osservano, come il miglioramento del tono Endocannabinoide e una conseguente diminuita percezione del dolore. [15]

2.3 ALTRI MECCANISMI D’AZIONE DEL CBD: DALL’INTERAZIONE SEROTONINERGICA E LA NEUROGENESI ALL’AZIONE SUI RECETTORI PER GLI OPPIODI

Come detto, l’inibizione dell’enzima FAAH è probabilmente il principale meccanismo d’azione del CBD, ma non l’unico.

Ad esempio, varie ricerche hanno mostrato che gli effetti antidepressivi e pro-sociali del CBD possono essere imputati alla sua capacità di attivare i recettori serotoninergici 5-HT1A. [16] ; [17]

Un altro meccanismo d’azione con il quale il CBD può esercitare il suo ruolo, specialmente nell’elaborazione delle memorie traumatiche, è attraverso un aumento della neurogenesi (creazione di nuove connessioni cerebrali) nell’ippocampo, un’area cerebrale ben nota per l’apprendimento e memoria. [18] ; [19]

Questa è considerata una caratteristica importante soprattuto per permettere di affrontare i ricordi traumatici nei pazienti con PTSD.

Alcuni lavori hanno anche indicato che il CBD è un modulatore allosterico negativo dei recettori μ-oppioidi e δ-oppioidi. [20]

Un modulatore allosterico negativo è una molecola che si lega ad un recettore in un sito diverso dal ligando (molecola in grado di legare un recettore e indurre una funzione biologica) e, sebbene ciò non produca nessun effetto farmacologico di per sé, diminuisce l’effetto del ligando (in questo caso gli oppiodi). Quindi, il CBD riduce l’azione degli oppiodi e per questo può essere indicato nei fenomeni di tolleranza da oppiodi.

Il CBD è anche un modulatore allosterico negativo dei recettori CB1 e ciò sembra spiegare la riduzione degli effetti psicotropi del THC, quando assunto in combinazione con il CBD. [21]

Altre azioni del CBD riguardano l’agonismo con i recettori PPAR-γ, l’agonismo inverso con i recettori GPR12 e l’antagonismo con i GPR55. [22]Pisanti S, Malfitano AM, Ciaglia E, et al.
Cannabidiol: State of the art and new challenges for therapeutic applications.
Pharmacol Ther. 2017 Jul;175:133-150.

3. CBD ED EFFETTI SUL CERVELLO: LE APPLICAZIONI CLINICHE IN NEUROPSICHIATRIA

Considerate le sue azioni sul tono Endocannabinoide, sulla trasmissione serotoninergica e oppiode e sulla neurogenesi, varie sono le condizioni neuropsichiatriche in cui il CBD potrebbe svolgere un’azione migliorativa. 

Vediamo insieme le principali:

  • CBD per la schizofrenia
  • CBD per l’ansia
  • CBD per il PTSD
  • CBD per la malattia di Parkinson

Quanto finora menzionato è stato riassunto nell’intervento al simposio IACM 2019 dal Professor Crippa che, insieme al suo gruppo, nel corso degli ultimi decenni ha studiato il possibile ruolo del CBD nella pratica neuropsichiatrica.

Sebbene siano ancora necessarie ulteriori prove cliniche e molte domande rimangano aperte, i dati sull’utilizzo del CBD in neuropsichiatria sembrano molto promettenti. 

Non ci resta che fare un augurio per il futuro: possano sempre più scienziati percorrere la strada che il Professor Crippa e i suoi colleghi hanno tracciato e continuare a far luce sull’uso del CBD come antipsicotico, ansiolitico, antidepressivo e non solo.

Referenze

  1. Zuardi AW.
    Cannabidiol: from an inactive cannabinoid to a drug with wide spectrum of action.
    Rev Bras Psiquiatr. (2008) 30:271–80.[]
  2. Zuardi AW, Shirakawa I, Finkelfarb E, Karniol IG.
    Action of can- nabidiol on the anxiety and other effects produced by delta 9-THC in normal subjects.
    Psychopharmacology (Berl) 1982; 76: 245-50.[]
  3. Fusar-Poli P, Crippa JA, Bhattacharyya S, Borgwardt SJ, Allen P, Martin-Santos R, et al.
    Distinct effects of {delta}9-tetrahydrocannabinol and cannabidiol on neural activation during emotional processing.
    Arch Gen Psychiatry (2009) 66:95–105.[]
  4. Fusar-Poli P, Allen P, Bhattacharyya S, Crippa JA, Mechelli A, Borgwardt S, et al.
    Modulation of effective connectivity during emotional processing by Delta9- tetrahydrocannabinol and cannabidiol.
    Int J Neuropsychopharmacol. (2009) 13:421– 32.[]
  5. Shin, Lisa M., Scott L. Rauch, and Roger K. Pitman.
    Amygdala, medial prefrontal cortex, and hippocampal function in PTSD.
    Annals of the New York Academy of Sciences 1071.1 (2006): 67-79.[]
  6. Pertwee, R. G. (2008).
    The diverse CB1 and CB2 receptor pharmacology of three 
plant cannabinoids: Δ9-tetrahydrocannabinol, cannabidiol and Δ9- tetrahydrocannabivarin.
    British journal of pharmacology, 153(2), 199-215[]
  7. Bisogno T, Hanus L, De Petrocellis L, Tchilibon S, Ponde DE, Brandi I, Moriello AS, Davis JB, Mechoulam R, Di Marzo V (2001)
    Molecular targets for cannabidiol and its synthetic analogues: effect on vanilloid VR1 receptors and on the cellular uptake and enzymatic hydrolysis of anandamide.
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  8. Russo, E. B. (2016).
    Clinical endocannabinoid deficiency reconsidered: current research supports the theory in migraine, fibromyalgia, irritable bowel, and other treatment-resistant syndromes.
    Cannabis and cannabinoid research, 1(1), 154-165.[]
  9. Hill, M. N., Campolongo, P., Yehuda, R., and Patel, S. (2018).
    Integrating endocannabinoid signaling and cannabinoids into the biology and treatment of post traumatic stress disorder.
    Neuropsychopharmacology 43, 80–102.[]
  10. Bitencourt RM and Takahashi RN (2018)
    Cannabidiol as a Therapeutic Alternative for Post-traumatic Stress Disorder: From Bench Research to Confirmation in Human Trials.
    Front. Neurosci. 12:502.[]
  11. Russo, R., LoVerme, J., La Rana, G., Compton, T.R., Parrott, J., Duranti, A., Tontini, A., Mor, M., Tarzia, G., Calignano, A. and Piomelli, D., 2007.
    The fatty acid amide 
hydrolase inhibitor URB597 (cyclohexylcarbamic acid 3′-carbamoylbiphenyl-3-yl ester) reduces neuropathic pain after oral administration in mice.
    Journal of Pharmacology and Experimental Therapeutics, 322(1), pp.236-242.[]
  12. Danandeh, Andalib, Valentina Vozella, James Lim, Fariba Oveisi, Gina L. Ramirez, David Mears, Gary Wynn, and Daniele Piomelli.
    Effects of fatty acid amide hydrolase inhibitor URB597 in a rat model of trauma-induced long-term anxiety.
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  13. Bortolato, Marco, Regina A. Mangieri, Jin Fu, Janet H. Kim, Oliver Arguello, Andrea Duranti, Andrea Tontini, Marco Mor, Giorgio Tarzia, and Daniele Piomelli.
    Antidepressant-like activity of the fatty acid amide hydrolase inhibitor URB597 in a rat model of chronic mild stress.”
    Biological psychiatry 62, no. 10 (2007): 1103-1110.[]
  14. Habib AM, Okorokov AL, Hill MN, Bras JT, Lee MC, Li S, Gossage SJ, van Drimmelen M, Morena M, Houlden H, Ramirez JD.
    Microdeletion in a FAAH pseudogene identified in a patient with high anandamide concentrations and pain insensitivity.
    British journal of anaesthesia. 2019 Mar 28.[]
  15. Russo, E. B., Burnett, A., Hall, B., and Parker, K. K. (2005).
    Agonistic properties of cannabidiol at 5-HT1a receptors.
    Neurochem. Res. 30, 1037–1043.[]
  16. Rock, E. M., Bolognini, D., Limebeer, C. L., Cascio, M. G., Anavi-Goffer, S., Fletcher, P. J., et al. (2012).
    Cannabidiol, a non-psychotropic component of cannabis, attenuates vomiting and nausea-like behaviour via indirect agonism of 5-HT(1A) somatodendritic autoreceptors in the dorsal raphe nucleus.
    Br. J. Pharmacol. 165, 2620–2634.[]
  17. Campos, A. C., Ortega, Z., Palazuelos, J., Fogaça, M. V., Aguiar, D. C., Díaz-Alonso, J., … & Galve-Roperh, I. (2013).
    The anxiolytic effect of cannabidiol on chronically stressed mice depends on hippocampal neurogenesis: involvement of the endocannabinoid system.
    International Journal of Neuropsychopharmacology, 16(6), 1407-1419.[]
  18. Wolf, S. A., Bick-Sander, A., Fabel, K., Leal-Galicia, P., Tauber, S., Ramirez-Rodriguez, G., et al. (2010).
    Cannabinoid receptor CB1 mediates baseline and activity-induced survival of new neurons in adult hippocampal neurogenesis.
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  19. Livingston KE, Traynor JR.
    Allostery at opioid receptors: modulation with small molecule ligands.
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  20. Laprairie RB, Bagher AM, Kelly ME1, Denovan-Wright EM.
    Cannabidiol is a negative allosteric modulator of the cannabinoid CB1 receptor.
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  21. Pisanti S, Malfitano AM, Ciaglia E, et al.
    Cannabidiol: State of the art and new challenges for therapeutic applications.
    Pharmacol Ther. 2017 Jul;175:133-150.[]
Autore
Viola Brugnatelli
Direttrice scientifica di Cannabiscienza e ricercatrice in neuroscienze presso l’Università degli Studi di Padova

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