1. INTRODUZIONE ALLA CANNABIS PER ANZIANI
L’uso medico di Cannabis e derivati tra gli anziani ha registrato un aumento record del 300% negli ultimi due anni grazie anche alle nuove aperture legislative e ad una maggior attenzione della ricerca in questo campo. Ciò ha suscitato sempre di più l’interesse della comunità scientifica internazionale, tanto che il tema dell’utilizzo della Cannabis Medica in pazienti geriatrici è stato uno dei punti salienti del simposio di quest’anno, organizzato dall’Associazione Internazionale per la Medicina dei Cannabinoidi (International Association for Cannabinoid Medicine, IACM). [1]
Medici e scienziati riconosciuti a livello internazionale hanno affrontato l’argomento e riportato i loro risultati durante i tre giorni di conferenza in terra tedesca.
Vediamo insieme quali sono i punti più importanti toccati dagli studiosi.
2. I RISULTATI DI UNO STUDIO OSSERVAZIONALE PROSPETTICO SULL’USO DI CANNABIS NEGLI ANZIANI: È UN UTILIZZO SICURO? QUALI POTREBBERO ESSERE I BENEFICI?
Gli israeliani Ilya Reznik, psichiatra, e il geriatra Addie Ron, hanno presentato i dati di uno studio osservazionale prospettico, condotto su soggetti di età superiore ai 75 anni (83,2% dei partecipanti), trattati in una clinica specializzata geriatrica. [2] ; [3] ; [4] ; [5]
Lo studio comprendeva una valutazione completa di 184 pazienti arruolati all’inizio della terapia con Cannabis, e poi un follow-up dopo 6 mesi di terapia.
La popolazione geriatrica arruolata nello studio non aveva precedenti esperienze con la Cannabis e soffriva principalmente di dolore (76,9%), disturbi del sonno, sintomi correlati al cancro, disturbi dell’umore e malattia di Parkinson.
È stato valutato il rischio di potenziali effetti avversi come la stabilità cognitiva, cardiovascolare e posturale. Solo il 33,6% della popolazione anziana arruolata ha riportato effetti collaterali, come vertigini (12,1%), sonnolenza (11,2%) e secchezza delle fauci.
La maggior parte dei pazienti (66%) ha utilizzato l’olio per via sublinguale come unico metodo di somministrazione e il 50% di essi assumeva l’oleolita tre volte al giorno.
Alla valutazione di follow-up dopo 6 mesi, 1/3 dei pazienti ha interrotto il trattamento antidolorifico con analgesici oppioidi, o con gli altri antidolorifici e farmaci antinfiammatori precedentemente utilizzati.
3. PROTOCOLLO PER L’UTILIZZO DI CANNABIS MEDICA NEGLI ANZIANI
Alla conferenza di Berlino, il dott. Addie Ron ha presentato il protocollo sulla Cannabis Medica progettato e utilizzato con successo per il suo studio, svolto presso il Cannabis Clinical Research Institute della Soroka University, in Israele.
La raccomandazione principale del gruppo di ricerca rimane sempre quella di prestare particolare attenzione prima di iniziare una terapia a base di Cannabis, in modo da analizzare i rischi-benefici caso per caso, specialmente nei pazienti anziani.
Lo studio ha analizzato i principali fattori di rischio per i pazienti geriatrici: probabile utilizzo di più farmaci contemporaneamente (politerapia) che potrebbero interagire tra loro, cambiamenti farmacocinetici, compromissione del Sistema Nervoso e aumento del rischio cardiovascolare.
Nel complesso quindi, prima di iniziare una terapia con Cannabis, il consiglio è di tenere ben presente il principio “Primum non nŏcēre”.
Proprio per soddisfare questo requisito fondamentale della medicina, lo studio suggerisce una lenta “titolazione” della Cannabis, con un aumento della dose di 5 mg ogni 7 giorni, fino al raggiungimento degli effetti desiderati. In questo modo si possono anche tenere meglio sotto controllo i possibili effetti collaterali e interrompere la terapia, già a dosaggi bassi, se questi non sono tollerati.
Ecco il protocollo proposto:
- Giorno 1-3: 5mg THC + 5mg CBD
- Giorno 4-6: 10mg THC + 10mg CBD
- Giorno 7-14: 15mg THC + 15mg CBD
Durante lo studio, i pazienti sono stati costantemente monitorati per valutare sia gli effetti collaterali che l’efficacia del trattamento; una volta raggiunto l’effetto desiderato, la dose è stata stabilizzata, senza necessità di ulteriore aumento.
Come evidenziato in precedenza, l’olio è risultato il metodo di somministrazione prescelto dalla maggior parte dei pazienti, in via sublinguale, portando ad un risultato complessivamente positivo per tutti i soggetti coinvolti.
Riassumendo i risultati ottenuti, una dose compresa tra 0,75 mg e 1,5 mg di THC + CBD, due volte al giorno, è stata ben tollerata dai pazienti anziani.
Ecco i maggiori benefici riportati [6]:
- miglioramento generale delle funzioni;
- aumento del peso corporeo;
- miglioramento della cognizione;
- riduzione della costipazione;
- miglioramento della mobilità.
4. CANNABIS E MORBO DI ALZHEIMER: PERCHÉ È IMPORTANTE PARLARNE
La longevità della popolazione mondiale, soprattutto nei paesi sviluppati, presenta un preoccupante rovescio della medaglia: più si invecchia, più si è esposti allo sviluppo di disturbi neurodegenerativi.
Ci si trova così di fronte alla terribile prospettiva di 35 milioni di anziani attualmente diagnosticati con il morbo di Alzheimer, una delle condizioni neurodegenerative maggiormente diffuse a livello mondiale. Condizione per la quale, purtroppo, gli unici rimedi disponibili sono sintomatici e non riescono a fermare il progresso della malattia.
Contro questo dato allarmante, la comunità scientifica sta volgendo i propri sforzi per cercare cure più efficaci. Anche alla conferenza di Berlino, vari gruppi di ricerca hanno presentato dati sul possibile ruolo clinico dei cannabinoidi nella malattia di Alzheimer.
Molti sono infatti gli aspetti del Sistema Endocannabinoide che potrebbero essere sfruttati in tal senso.
Come dimostrato dal Professor Javier Fernandez-Ruiz, dell’Università Complutense di Madrid, relatore al congresso di Berlino, i recettori dei cannabinoidi sono colpiti dalla neurodegenerazione tipica del morbo di Alzheimer; essi sono inoltre coinvolti nei processi di conservazione, riparazione e/o sostituzione di cellule neurali e gliali. [7]
Nel cervello dei malati di Alzheimer si registra una forte diminuzione di acetilcolina, un neurotrasmettitore essenziale per la memoria e la cognizione. La progressiva riduzione del rilascio di acetilcolina è spesso contrastata, nella pratica clinica, con la prescrizione di farmaci come il Donepezil, che è in grado di inibire l’enzima che degrada l’acetilcolina (chiamata acetilcolinesterasi), aumentandone la biosdisponibilità.
I cannabinoidi possono agire in modo simile, poiché anch’essi inibiscono l’acetilcolinesterasi, oltre a offrire probabilmente altri benefici aggiuntivi, come aumento dell’appetito e del peso e riduzione dell’ansia e dell’aggressività. [8]
5. CBD PER AGGRESSIVITÀ DA DEMENZA E ALZHEIMER
Dalla collaborazione tra un dipartimento di geriatria israeliano e il dipartimento di ricerca della Tikun Olam (azienda di prodotti medicinali a base di cannabinoidi), arriva uno studio randomizzato di fase II, in doppio cieco, controllato con placebo, per analizzare la sicurezza e l’efficacia di un olio vegetale ricco di CBD, per il trattamento di soggetti con agitazione indotta da demenza, uno dei sintomi più comuni nei pazienti colpiti da demenza grave e nella malattia di Alzheimer.
64 pazienti sono stati arruolati nello studio clinico, che è durato 16 settimane (6 settimane di “titolazione” e 10 settimane di valutazione a dosaggio stabile).
Durante il periodo di valutazione, i pazienti sono stati sottoposti a 10 visite. Ecco i parametri presi in considerazione:
- Parametri fisici e vitali
- Altezza / peso
- Temperatura
- Pressione sanguigna
- Battito
- Disturbi comportamentali (basato sulla scala di agitazione di Cohen-Mansfield)
- Scala dei disturbi neuropsichiatrici
- Scala di valutazione CGI-S (Clinical Global Impression – Severity), per analizzare il rapporto rischio/beneficio del trattamento in pazienti psichiatrici
- Test per la valutazione dei disturbi dell’efficienza intellettiva e della presenza di deterioramento cognitivo (Mini-Mental State Examination)
- Umore (basato sul questionario GDS)
- Test di sicurezza
- Farmaci concomitanti
- Eventi avversi
L’età media dei pazienti idonei allo studio, presentato alla IACM 2019, è stata di 79 anni. Alla fine di questo studio, in cui non si sono riscontrati effetti avversi significativi da segnalare, il 71,9% dei pazienti nel gruppo sottoposto al trattamento e il 30% del gruppo placebo ha riscontrato sollievo dall’agitazione indotta dalla demenza. Gli autori hanno quindi concluso affermando che il CBD ricavato dall’olio di Cannabis è un trattamento sicuro che può ridurre l’agitazione e i sintomi comportamentali nella demenza.
6. CANNABIS PER ANZIANI: LE CONCLUSIONI
I dati provenienti dagli studi e dai casi clinici riportati all’IACM 2019 hanno confermato il profilo di sicurezza dei farmaci a base di Cannabis per la popolazione anziana, soprattutto se si utilizzano rimedi che mantengono i livelli di THC bilanciati da alti livelli di CBD e se si assumono i prodotti per via sublinguale.
I risultati sull’utilizzo di farmaci a base di Cannabis riportati da medici e scienziati si sono rivelati molto promettenti per i pazienti anziani, che possono beneficiare di questa terapia per affrontare molte patologie legate all’età, nonché per un miglioramento complessivo della qualità della vita. Grazie alla terapia con Cannabis, i pazienti anziani possono beneficiare di un miglioramento generale delle funzioni corporee, di un aumento del peso corporeo, miglioramento della cognizione, riduzione della costipazione e di un miglioramento della mobilità.