Cannabis e fitorisanamento: nuove possibilità da esplorare

In concomitanza con la Cop25, la conferenza mondiale sul clima di Madrid, pubblichiamo i risultati di una recente ricerca sull’impiego della pianta di Cannabis nella bonifica di terreni inquinati.

INDICE

1. COS’È IL FITORISANAMENTO

L’inquinamento dei suoli terrestri è un problema di grande rilevanza per la salute dell’uomo, anche se spesso viene messo in secondo piano rispetto ai più evidenti fenomeni d’inquinamento atmosferico e idrico. Un suolo inquinato non può essere utilizzato per la produzione di alimenti, perché i contaminanti possono essere assorbiti dalle piante e trasferiti a chi si nutre di esse. Le sostanze inquinanti possono anche penetrare nel sottosuolo e contaminare le falde acquifere o disperdersi nell’atmosfera, inquinando l’aria che respiriamo.

Per questo motivo ultimamente si parla spesso di fitorisamento, ovvero della possibilità di bonificare i suoli mediante l’utilizzo di piante capaci di estrarre o degradare metalli pesanti o altri inquinanti.

Tra le varie piante fitorisananti, quella di Cannabis ben si adatta allo scopo: cresce con facilità in condizioni variegate, ha radici profonde dalle quali vengono assorbiti contaminanti di vario genere (metalli pesanti, idrocarburi, radioisotopi, ecc…), in qualche modo alcune sostanze tossiche o cancerogene ne stimolano il metabolismo e produce basse quantità di gas serra per unità di biomassa.

 

2. LA BONIFICA DELLE MINIERE DI CARBONE IN PENNSYLVANIA

Un gruppo di ricercatori americani ha esplorato le potenzialità della Cannabis Sativa come rimedio eco-sostenibile per bonificare i terreni attorno alle miniera di carbone abbandonate della Pennsylvania, USA. 

I risultati di questa ricerca sono stati di recente pubblicati sulla rivista PLoS One, con uno studio dal titolo Enhanced tolerance of industrial hemp (Cannabis sativa L.) plants on abandoned mine land soil leads to overexpression of cannabinoids (Una maggiore tolleranza delle piante di canapa industriale Cannabis sativa L. ai terreni di miniere abbandonate, porta ad una sovraespressione dei cannabinoidi).

I ricercatori hanno coltivato sei diverse varietà di canapa industriale (Fedora 17, Felina 32, Ferimon, Futura 75, Santhica 27 e USO 31) in terreni presi attorno a due diverse miniere di carbone. Poi hanno confrontato i risultati con quelli ottenuti coltivando le stesse varietà in due terreni commerciali (Miracle-Gro Potting Mix and PRO-MIX HP Mycorrhizae High Porosity Grower Mix). Entrambe le coltivazioni sono state testate sia all’aperto che in serra e sono stati presi in considerazione diversi parametri: tempo di germinazione, altezza della pianta, giorni di fioritura, assorbimento di metalli pesanti quali Arsenico, Piombo, Nichel, Mercurio e Cadmio, variazioni del pH del suolo e contenuto totale di cannabinoidi.

 

3. DAI RISULTATI OTTENUTI UNA POSSIBILE SPIEGAZIONE DEL MECCANISMO FITORISANANTE DELLA CANNABIS

In questo studio, confrontando i diversi terreni, non sono state trovate differenze in termini di germinazione, altezza delle piante o giorni di fioritura e le variazioni di pH sono state simili per entrambi i tipi di terreno testato. Secondo i ricercatori, ciò indica che i contaminanti, benché assorbiti dal terreno, non modificano le capacità di crescita e propagazione delle varietà testate. 

I ricercatori hanno poi trovato che i metalli pesanti assorbiti si trovavano soprattutto nelle foglie e che quello che veniva più assorbito era il Nichel, seguito da Cadmio, Piombo, Arsenico e Mercurio. Questi dati correlavano con un aumento del contenuto totale in cannabinoidi -in particolare del CBD– nelle piante coltivate sui terreni delle miniere. 

Dall’analisi dei geni coinvolti nel trasporto e nella produzione dei cannabinoidi, quest’aumento del contenuto del CBD sembra essere dovuto ad un aumento di espressione dei geni della Sintasi dell’acido cannabidiolico e della Ciclasi dell’acido olivetolico, entrambi intermedi nella biosintesi del CBD. 

In figura i diversi geni della catena biosintetica dei cannabinoidi, analizzati mediante Real Time PCR: Tetrachedite Sintasi (TKS), Ciclasi dell’acido olivetolico (OAC), Adenin-fosforibosil Transferase (APT), Sintasi dell’acido Tetraraidrocannabiolico (THCAS), Sintasi dell’acido cannabidiolico (CBDAS).

 

4. CONCLUSIONI

Le capacità fitorisananti della Cannabis Sativa erano già note da tempo. In Italia, in particolare, la sua coltivazione è stata proposta e impiegata per la bonifica di terreni inquinati in Campania, in Veneto e in Puglia (nei pressi dell’ex Ilva, ndr).

Questo studio effettuato negli Stati Uniti ci presenta dei dettagli in più sulle capacità di assorbimento dei metalli pesanti da parte di diverse varietà di canapa industriale, gettando anche una luce sui possibili meccanismi coinvolti ed evidenziando un aumento di produzione di cannabinoidi indotto dai metalli pesanti.

D’altra parte, la pianta di Cannabis utilizza i cannabinoidi prodotti nei tricomi delle sue foglie come meccanismo difensivo da agenti esterni (per un’approfondimento consulta questo articolo). Non stupisce quindi che dei contaminanti presenti nel terreno inducano una maggiore produzione di cannabinoidi.

5. REFERENZE

Autore
Fabio Turco
Neurogastrocannabinologo - Chimico Farmaceutico

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